Contenzioso

Anche se lavora, il tirocinante non è un dipendente

di Cristina Brevi e Uberto Percivalle

Il tirocinio esula completamente dall'ambito del rapporto di lavoro subordinato. Così si è pronunciato il Ttribunale di Napoli con la recente sentenza 190/2017.

Una società di consulenza aveva stipulato una convenzione di tirocinio per ospitare un tirocinante a cui affidare attività di back office, per l'apprendimento delle principali tecniche di comunicazione di base telefonica e dell'utilizzo dei relativi strumenti informatici.

Il tirocinante, tuttavia, al termine del periodo di tirocinio stabilito dalla legge, aveva convenuto in giudizio la società per chiedere che il rapporto venisse riqualificato come lavoro subordinato a tempo indeterminato, sull'assunto che aveva prestato vera e propria attività lavorativa di addetto all'assistenza telefonica. A riprova di tali fatti, sosteneva di essere stato inserito in turni di lavoro ordinari e straordinari al pari degli altri dipendenti e che, oltre a non aver ricevuto formazione alcuna, il soggetto formalmente individuato quale suo tutor era semplicemente il supervisore del reparto in cui lo stesso era stato inserito.

La società, dal canto suo, si difendeva sostenendo che la formazione pratica richiesta al tirocinante era composta sia da una parte teorica che da una pratica, non potendo essere impartita, quest'ultima, se non mediante lo svolgimento diretto dell'attività di back office.
Il Tribunale, all'esito di una lunga istruttoria dibattimentale, ha sposato la tesi della resistente.

Per il giudice di merito «il fatto che il ricorrente abbia svolto attività in tutto analoga a quella prestata dai dipendenti della società ospitante è un dato del tutto coerente con le finalità e l'attuazione del progetto, che è volto proprio a realizzare un contatto diretto del tirocinante con il soggetto ospitante per l'acquisizione sul campo di competenze e l'arricchimento del bagaglio di conoscenze professionali attraverso la pratica diretta sul luogo di lavoro».
Pertanto, l'aver svolto le medesime mansioni, con identiche modalità operative e negli stessi orari dei dipendenti della società non è un dato sufficiente a dimostrare l'invalidità del tirocinio.

Un tale principio non può essere messo in crisi nemmeno dall'inserimento del nominativo del tirocinante nel piano ferie della società, indicativo solamente di una necessità, aziendale e del personale stesso, di ripartire correttamente le presenze durante la pausa estiva. Del resto, anche l'indicazione di obiettivi da raggiungere ed il riscontro della produttività individuale non erano volti all'esercizio di un potere disciplinare (per definizione non esperibile durante un tirocinio), ma al semplice accrescimento professionale del tirocinante stesso.

Infine, quanto all'aspetto strettamente connesso alla formazione del tirocinante, l'organo giudicante si è limitato a sottolineare la necessità che la fase pratica sia preceduta da una fase preliminare di formazione teorica; nel caso di specie, tale fase aveva avuto una durata di due settimane che il giudice ha ritenuto sufficienti ad integrare il requisito richiesto.

Lo stesso Ttribunale ha osservato che il caso da dirimere era nuovo. Intendiamoci: il contenzioso in tema di riqualificazione è sempre stato intenso ed in passato le aule giudiziarie hanno visto tanti casi di riqualificazione dei contratti di formazione e lavoro. Tuttavia è utile l'insegnamento che questa sentenza ci dà sul tema specifico dei tirocini, così come sono oggi disciplinati. In definitiva, la pronuncia evidenzia e conferma le profonde differenze normative tra l'instaurazione di un tirocinio e di un rapporto subordinato, confortando le società che contribuiscono al successo della figura del “tirocinio formativo”.

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