Contenzioso

Faro del Fisco sui costi dei «co.co.pro.»

di Rosanna Acierno

Deduzione di emolumenti corrisposti a lavoratori a progetto sotto la lente di ingrandimento del fisco. Sempre più spesso, nell’ambito delle rettifiche dei costi per questo tipo di collaborazioni portati in deduzione dalle imprese, gli uffici adducono il difetto di competenza.

La questione è alquanto sentita perché sono numerose le aziende che hanno ancora in essere collaborazioni a progetto: anche se la normativa sul lavoro a progetto (articoli 61 e seguenti del Dlgs 276/2003) è stata abrogata dal 2015, i contratti in essere all’entrata in vigore del Dlgs 81/2015 continuano a essere validi fino alla naturale scadenza.

L’amministrazione finanziaria, senza contestare la complessiva attendibilità delle scritture contabili o l’inesistenza e/o la falsità del contratto, presume l’infedele rappresentazione fiscale del costo sostenuto e dedotto per lavori a progetto. Alla base c’è l’assunto secondo cui gli emolumenti corrisposti ai collaboratori “co.co.pro.” possono essere scomputati dal reddito di impresa soltanto alla fine del progetto e, dunque, al conseguimento dell’obiettivo.

Di solito tutto comincia con un invito a comparire alla società che ha dedotto il costo di lavoro a progetto, chiedendo di specificare l’oggetto della prestazione lavorativa. Poi, in seguito della risposta fornita dalla società verificata, l’ufficiopuò procedere con l’emissione dell’atto impositivo in cui, ritenendo non ancora concluso il progetto nell’anno di imposta accertato, riprende a tassazione le somme corrisposte periodicamente (magari a titolo di acconto) per difetto di competenza.

Fino all’emissione dell’atto impositivo, la società verificata può comunque optare per il ravvedimento operoso sanando così l’errata imputazione a periodo del costo. Dopo l’emissione, invece, sia in fase precontenziosa che in sede di impugnazione dell’atto, è possibile tentare di difendersi provando a dimostrare il pieno rispetto del principio di competenza fiscale.

Le fasi di lavoro. Conformemente a quanto ammesso dalla disciplina normativa vigente al momento della stipula del contratto a progetto, è possibile fare leva sulla suddivisione del progetto in specifici programmi di lavoro o fasi di essi. Pertanto è possibile sottolineare che, come da contratto stipulato, il collaboratore ha concluso le diverse fasi del programma nel periodo di imposta accertato.

I s ervizi continuativi. In seconda battuta è possibile rilevare che non si tratta di spese di acquisizione di servizi a carattere puntuale, come ad esempio nel caso di spese per prestazioni di assistenza legale la cui deducibilità è ammessa soltanto alla conclusione della controversia giudiziale (si veda il Sole 24 Ore del 19 dicembre 2016), ma di servizi a esecuzione continuata e periodica. Pertanto, i relativi costi sono deducibili al momento del loro effettivo esborso.

Le «frazioni» di servizio. Inoltre, al fine di prevenire scontate controdeduzioni dell’ufficio, occorre sottolineare che secondo la giurisprudenza di legittimità in nessun caso rileva l’esercizio in cui viene effettuato il pagamento (oppure viene acquisito o esibito altro documento giustificativo del costo).

È altrettanto vero, però, che il lavoro a progetto rappresenta un programma di lavoro complesso e articolato. Non si tratta, dunque, di un’unica prestazione (unitaria e inscindibile), ma di “frazioni” di servizio che si presentano autonome.

L’assenza di danni erariali. Infine occorre evidenziare la totale inesistenza di danno erariale. Infatti, a fronte del costo sostenuto e dedotto dalla società accertata, il lavoratore ha dichiarato nella propria denuncia dei redditi lo stesso importo a titolo di emolumenti ricevuti, assoggettandolo a tassazione, peraltro secondo l’aliquota Irpef marginale, potenzialmente più alta rispetto a quella Ires. Non considerare tale circostanza determinerebbe un fenomeno di doppia tassazione – espressamente vietata dall’articolo 163 del Dpr 917/86 – qualora la rettifica fosse accompagnata dal mancato riconoscimento delle maggiori imposte corrisposte dal lavoratore a progetto.

In questo caso, infatti, la presunta maggiore imposta versata potrebbe essere legittimamente chiesta a rimborso dal lavoratore a progetto, determinando - di fatto - l’assenza di potenziali effetti benefici per le casse dell’Erario.

Gli esempi e la dichiarazione

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