Contenzioso

Fine lavori non «anticipabile»

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

È illegittimo il licenziamento plurimo individuale intimato per ultimazione lavori nel settore edile, se le attività aziendali sono destinate ad esaurirsi definitivamente solo a distanza di 45 giorni dalla cessazione dei rapporti di lavoro. Precisa la Corte di cassazione ( sentenza 10310/2017 ) che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ricollegato al completamento delle attività aziendali per le quali era intervenuta l’assunzione dei dipendenti presuppone che, alla data in cui si interrompono i rapporti di lavoro, risultino ultimate tutte le relative incombenze professionali.

Non è sufficiente, in altri termini, che il licenziamento sia motivato con l’ultimazione dei lavori edili se lo stesso avviene prima della conclusione dell’attività, quando vi sia ancora da completare una parte residuale del lavoro commissionato.

La Cassazione respinge la tesi coltivata dall’impresa, secondo cui il licenziamento per ultimazione lavori può essere ricondotto a un evento il cui avveramento sia certo, anche se non è possibile conoscere preventivamente la data conclusiva. A questo proposito, la Suprema corte precisa che il giustificato motivo oggettivo di licenziamento può essere esaminato unicamente sulla base delle condizioni di fatto che sussistono nel momento in cui viene comunicato il recesso datoriale, non potendo costituire oggetto di valutazione circostanze future ed eventuali.

Il caso esaminato dalla Cassazione è relativo al licenziamento per ultimazione lavori nel settore edile di 18 dipendenti impiegati da un’impresa di costruzioni nell’ambito di un appalto di ampliamento di una struttura ospedaliera. A fronte di licenziamenti che hanno previsto la cessazione del rapporto di lavoro a metà dicembre, la definitiva ultimazione dei lavori è stata registrata nell’ultima decade del successivo mese di gennaio, quindi a distanza di 45 giorni.

Nei due gradi di merito l’impugnazione dei licenziamenti è stata accolta, con condanna dell’impresa alla reintegrazione in servizio dei dipendenti e al versamento delle retribuzioni mensili non lavorate. La Corte di cassazione conferma le valutazioni dei giudici di merito e precisa che la validità del licenziamento per ultimazione lavori nel settore edile presuppone che, alla data degli intimati recessi, siano state portate a compimento tutte le attività oggetto delle lavorazioni appaltate, senza che sia possibile neppure accettare la prospettiva che solo una parte residuale delle stesse lavorazioni sia definitivamente completata a distanza di un breve intervallo di tempo.

La valutazione sulle esigenze aziendali a base del licenziamento per ragioni oggettive, conclude la Cassazione, deve restare necessariamente ancorata al momento in cui si effettua il licenziamento, non sussistendo alcuno spazio per attribuire rilevanza a eventi successivi di cui sia certa la realizzazione, ma che non siano collocati alla data stessa di cessazione dei rapporti di lavoro.

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