Contenzioso

Assemblea anche senza tutta la Rsu

di Giampiero Falasca

La titolarità del diritto di indire l’assemblea dei lavoratori è una prerogativa riservata alla rappresentanza sindacale unitaria nel suo complesso, oppure può essere esercitata anche dal singolo componente di tale organismo? Le sezioni unite della Corte di cassazione tentano di dare risposta a questa domanda con la sentenza 13978/2017 , anche se la pronuncia sembra aumentare, invece che dissolvere, i dubbi esistenti.

Il tema ha dato luogo nel tempo a due diversi indirizzi interpretativi. Secondo un primo indirizzo (sentenza 1895/2005), non può escludersi che il singolo componente della rappresentanza sindacale unitaria possa indire l’assemblea dei lavoratori, perché l’autonomia contrattuale può creare organismi diversi da quelli previsti dallo statuto dei lavoratori (che all’articolo 19 contempla solo le Rsa) come, appunto, le Rsu, e può affidare a questi soggetti prerogative sindacali non necessariamente identiche a quelle delle stesse Rsa.

Secondo un diverso indirizzo, sia l’accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 (che ha consentito la sostituzione nel settore industriale delle rappresentanze aziendali con quelle unitarie), sia l’articolo 20 dello statuto dei lavoratori che regola il diritto di assemblea, configurano la facoltà di indire l’assemblea come un diritto collettivo, che non spetta al singolo ma alla rappresentanza sindacale nel suo complesso.

Questa lettura ruota intorno alla sentenza 2855/2002, che ha riconosciuto la natura di organo collegiale delle Rsu, chiamate a deliberare a maggioranza sulle scelte di politica sindacale, negando che una singola componente possa esercitare autonomamente il diritto di indire l’assemblea.

La sentenza delle sezioni unite sembra propendere verso il riconoscimento anche alle singole componenti delle Rsu del diritto di indire l’assemblea, ma le argomentazioni utilizzate paiono particolarmente contraddittorie.

Secondo la sentenza, la possibilità per i singoli membri delle Rsu di indire l’assemblea sarebbe la naturale conseguenza di quanto previsto dall’articolo 5 dell’accordo interconfederale del 1993, nella parte in cui prevede che le Rsu subentrano alle Rsa e ai loro dirigenti nella titolarità dei poteri e nell’esercizio delle funzioni che la legge conferisce loro. Considerato che lo statuto dei lavoratori, all’articolo 20, riconosce alla singola Rsa il diritto di indire l’assemblea, la sostituzione di tale organismo con la Rsu non avrebbe travolto questo principio. La Corte, nell’affermare tale principio, sembra dimenticare che le rappresentanze aziendali non sono organi che coincidono necessariamente con una singola persona fisica, ben potendo essere composti da più dirigenti sindacali.

La sentenza riconosce, peraltro, che tale lettura si pone in contrasto con quanto previsto dall’articolo 8 dell’accordo interconfederale, nella parte in cui stabilisce che le organizzazioni che partecipano alla procedura di elezione della Rsu rinunciano formalmente a costituire Rsa.

Questa norma sembra escludere la sopravvivenza delle regole costruite per le Rsa, ma - secondo le sezioni unite - tale sopravvivenza è comunque garantita dall’articolo 4, comma 5, dell’accordo interconfederale, nella parte in cui riserva ai singoli componenti delle Rsu il diritto di indire assemblee per 3 ore all’anno su 10.

Con riferimento a questo punto, la pronuncia lascia irrisolto un tema decisivo: il riconoscimento del diritto del singolo componente della Rsu a indire l’assemblea investe solo le tre ore annue, oppure riguarda anche le ore ulteriori? Questo aspetto, che cambia in maniera decisiva la portata della decisione, resta senza soluzione.

Le sezioni unite non risolvono neanche fino in fondo il problema dell’incoerenza sistematica che si viene a creare tra il riconoscimento di legittimazioni concorrenti - sia delle Rsu come organismo collegiale che delibera a maggioranza, sia della sua singola componente sindacale - e il principio democratico che regola il funzionamento delle Rsu, fondato su un meccanismo necessariamente maggioritario (ribadito ed enfatizzato dal Testo unico sulla rappresentanza, l’accordo interconfederale siglato nel 2014).

La sentenza ritiene che i due principi possono coesistere, facendo convivere un organismo elettivo come le Rsu e le scelte dei singoli componenti dell’organismo, svincolate dal principio di maggioranza, per alcune specifiche e limitate prerogative.

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