Contenzioso

Per l’uso illegittimo dei voucher la prova ricade sulle Entrate

di Antonino Porracciolo

Ricade sul Fisco l’onere di dimostrare l’esistenza di un rapporto di lavoro per il quale non è possibile utilizzare la retribuzione tramite voucher. Lo afferma la Commissione tributaria provinciale di Vicenza (presidente Pietrogrande, relatore Mottes) nella sentenza 328/1/2017, depositata lo scorso 12 aprile.

La vicenda
La controversia scaturisce dall’impugnazione di un avviso di accertamento, emesso dall’agenzia delle Entrate in base al contenuto di un verbale dell’ispettorato del lavoro; quest’ultimo, infatti, aveva affermato l’esistenza di un debito contributivo della Srl ricorrente, ritenendo che la stessa avesse avuto alla proprie dipendenze lavoratori subordinati non assunti regolarmente e retribuiti con voucher. Le Entrate, stimando in oltre 72mila euro il debito, avevano rettificato il modello 770 della Srl, determinando in 16mila euro le maggiori ritenute non operate e richieste alla contribuente.

La società ha presentato ricorso contro l’avviso, chiedendone l’annullamento; secondo la ricorrente, infatti, i verbali degli ispettori del lavoro fanno piena prova, fino a querela di falso, solo dei fatti che il pubblico ufficiale attesta come avvenuti in sua presenza o da lui stesso compiuti, mentre non hanno valore di prova, neppure presuntiva, per la parte relativa ad apprezzamenti e valutazioni.

Dal canto suo, l’Agenzia ha chiesto il rigetto della domanda, sostenendo che la ricorrente si era limitata ad affermazioni non idonee a contrastare l’accertamento.

Le motivazioni
Nell’accogliere il ricorso, la Commissione rileva, innanzitutto, che il verbale dell’ispettorato non era stato seguito da un’ordinanza-ingiunzione dello stesso ufficio. Peraltro, la vicenda non richiedeva una «particolare istruttoria, ma solo la qualificazione del rapporto» e l’applicazione di una sanzione pecuniaria. Sicché l’ispettorato, se «avesse ritenuto fondata la propria pretesa», avrebbe senz’altro notificato il provvedimento sanzionatorio.

I giudici osservano quindi che l’agenzia delle Entrate aveva ritenuto che l’accordo tra la Srl e i lavoratori si inserisse nell’esecuzione di contratti di appalto, stipulati dalla stessa società con ditte committenti. Ma, secondo la Ctp, le prestazioni della Srl si dovevano inquadrare piuttosto nei rapporti di agenzia, giacché la ricorrente svolge attività di promozione di prodotti presso punti vendita (“in store promotion” o “servizio hostess”).

Peraltro, anche ammesso che la Srl avesse concluso contratti di appalto, comunque il divieto di ricorso a prestazioni di lavoro accessorio (e quindi anche alla retribuzione mediante voucher) nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere o servizi è stato introdotto dal Dlgs 81/2015, e dunque non si applica alle prestazioni in esame, in quanto precedenti all’entrata in vigore dello stesso decreto.

In ogni caso - prosegue la Ctp - la prova di una rapporto di lavoro subordinato («legittimante il recupero fiscale») è «a esclusivo carico dell’amministrazione finanziaria» e non del contribuente, che altrimenti dovrebbe dare la prova di un fatto negativo. Né, conclude la Commissione, l’Agenzia può assolvere tale onere probatorio mediante il richiamo a un verbale ispettivo, «peraltro non seguito dall’ingiunzione».

I giudici di Vicenza hanno quindi annullato l’avviso e condannato le Entrate al pagamento delle spese di lite, liquidandole in 3.600 euro.

Ctp Vicenza 328/1/2017

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