Contenzioso

Il pagamento diretto dell’indennità di maternità non determina l’esonero contributivo

di Silvano Imbriaci

Con la sentenza della Corte di cassazione, sezione lavoro, 21 giugno 2017, numero 15394 si affronta (a quanto consta per la prima volta) il tema dell'esonero dal versamento di contribuzione di maternità per le imprese che, in base a contratto o per disposizione normativa, corrispondano direttamente le prestazioni economiche di maternità ai propri dipendenti, con onere a carico esclusivo del datore di lavoro e senza l'intervento dell'Inps.

La questione trae origine dall'assimilazione di questo meccanismo con quello previsto per l'indennità di malattia dall'articolo 6 della legge 138/1943, che espressamente condiziona il pagamento dell'indennità di malattia alla assenza di pagamento, per legge o per contratto collettivo, del relativo trattamento economico da parte del datore di lavoro o di altri enti in misura pari o superiore a quella fissata dai contratti collettivi (intervento sostitutivo permanente del datore di lavoro), con contestuale esonero dal relativo onere contributivo nei confronti dell'Istituto (per via dell'interpretazione autentica fornita dall'articolo 20, comma 1, del Dl 112/2008, come modificato in sede di conversione dalla legge 133/2008) sia pure per un determinato periodo di tempo.

Tale indicazione normativa ha generato nel corso degli anni un ricco contenzioso volto a verificare la permanenza dell'obbligo contributivo di malattia a carico dei datori di lavoro in presenza del loro intervento sostitutivo ed esclusivo. La questione sembrava essere stata risolta con l'intervento chiarificatore delle sezioni unite della Cassazione (10232/2003), che espressamente aveva confermato la sussistenza dell'obbligo contributivo anche nelle ipotesi di indennità di malattia a carico del datore di lavoro, evidenziando la natura solidaristica di tale contributo, non derogabile in via contrattuale.

Ma il legislatore riteneva però di intervenire con l'articolo 20, comma 1, del Dl 112/2008, secondo cui l'articolo 6 della legge 138/1943 deve essere interpretato nel senso che i datori di lavoro che avevano corrisposto l'indennità di malattia in sostituzione dell'Inps, senza effettuare il conguaglio, non devono ritenersi assoggettati al relativo obbligo contributivo, restando tuttavia acquisite alla gestione e pienamente efficaci le contribuzioni comunque versate per i periodi anteriori al 1° gennaio 2009.

Per effetto del successivo articolo 18, comma 16, del Dl 98/2011, veniva poi reintrodotto l'obbligo contributivo a carico dei datori di lavoro con decorrenza 1 maggio 2011 (comma 1 bis) e nello stesso tempo veniva confermata l'acquisizione alla gestione Inps della contribuzione eventualmente versata non più fino al 31 dicembre 2008 ma fino al 30 aprile 2011 (si veda la circolare Inps 122/2011)

Nel caso affrontato dalla sentenza 15394/2017 si discute della possibilità di applicare gli stessi principi (relativi all'esonero contributivo, sia pure con i limiti temporali previsti) anche alle prestazioni economiche di maternità. La Cassazione è di contrario avviso, in quanto non vi è alcun principio immanente nell'ordinamento che leghi l'esonero contributivo dal pagamento diretto della prestazione previdenziale (il fondamento della previdenza sociale si ritrova nel principio di solidarietà, cui concorrono l'apporto contributivo e il finanziamento dello Stato).

Secondo la sentenza in esame non può desumersi l'esonero neppure applicandosi la normativa specifica prevista per la malattia; non può ritenersi inclusa nell'ambito della norma interpretativa di cui all'articolo 20 del Dl 112/2008 la diversa ipotesi dell'indennità di maternità, in quanto nulla autorizza questa interpretazione estensiva. Non si può negare che l'indennità di maternità abbia molti aspetti in comune con la malattia, a cominciare dalla identità dei criteri previsti per l'erogazione di queste due prestazioni (peraltro, l'indennità di maternità copre anche gli episodi di malattia che si verificano all'interno del periodo), per finire con le questioni legate al procedimento amministrativo e alla prescrizione del diritto, ad esempio.

Tuttavia, questo terreno comune non costituisce elemento sufficiente per riconoscere l'automatica trasposizione di tutti gli istituti dall'una all'altra fattispecie, soprattutto per quello che riguarda il versante contributivo (meno che mai quando si tratti di applicare una deroga sostanziale all'obbligo ordinario). Per quanto l'indennità di maternità sia corrisposta secondo le modalità e i criteri previsti per la malattia, la stessa conserva tuttavia una sua autonomia in relazione a vari aspetti, quali l'evento protetto, i soggetti beneficiari, il livello di prestazioni garantito.

L'assimilazione tra i due interventi riguarda, storicamente e nell'analisi giurisprudenziale, le sole questioni economiche relative alla disciplina delle prestazioni ma non il tema dell'obbligo contributivo. Quindi, ove vi sia una così importante deroga all'obbligo contributivo normale, tale deroga deve essere interpretata restrittivamente e solo per le ipotesi espressamente previste, a nulla rilevando l'assolvimento in via esclusiva dell'onere della relativa prestazione da parte del datore di lavoro.

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