Contenzioso

Niente autorizzazione per i controlli video nella sala ristoro

di Matteo Prioschi


Il dipendente che manomette i distributori di bevande e ruba i soldi in essi contenuti può essere licenziato per giusta causa sulla base delle immagini video registrate da un impianto installato dalla società proprietaria dei distributori.

I fatti
Il socio e dipendente di una cooperativa ha più volte danneggiato i distributori di bevande collocati nei locali della società appaltante presso cui stava lavorando e ha sottratto i soldi contenuti. A fronte del ripetersi di quelli che per l'azienda proprietaria dei distributori erano “innumerevoli episodi di razzia”, la stessa ha provveduto a installare un impianto di registrazione video. Le immagini, in cui si vede il lavoratore manomettere i distributori, sono state consegnate al responsabile della cooperativa. Ne è conseguito il licenziamento del dipendente.

I controlli
In base a quanto deciso con la sentenza 1699/2017 dalla Corte d'appello di Milano, in questo caso non si applica l'articolo 4 dello statuto dei lavoratori relativo ai controlli a distanza. Secondo il dipendente, l'impianto di registrazione avrebbe dovuto essere oggetto di accordo sindacale o di autorizzazione del ministero del Lavoro (ora Ispettorato), in quanto, anche se installato da un soggetto terzo, le immagini sono state utilizzate dal datore di lavoro. Inoltre il dipendente contesta il fatto che la richiesta di autorizzazione è stata fatta successivamente ai fatti contestati.
Secondo i giudici, invece, prevale il fatto che, secondo la risposta della direzione territoriale del Lavoro alla richiesta inoltrata, non era necessaria alcuna autorizzazione, non ricorrendo le condizioni per il rispetto dell'articolo 4 dello statuto. Inoltre, richiamando precedenti sentenze di Cassazione, viene evidenziato che l'autorizzazione non è richiesta se l'impianto svolge funzione di tutela del patrimonio aziendale e da esso non deriva il controllo dell'attività lavorativa. Situazione che si è verificata in questo caso, dato che le telecamere inquadravano solo “l'area ristoro”.

La valutazione dei fatti
Quanto alla condotta del lavoratore, la Corte d'appello condivide la valutazione del giudice di primo grado, secondo il quale “un lavoratore che, per pochi spiccioli, è disposto a manomettere l'altrui proprietà, è un dipendente nel quale, giustamente, il datore di lavoro non può riporre la sua fiducia; è ragionevole, invero, pensare che, come è avvenuto in tali casi, così possa avvenire anche in altri e anche su beni del datore di lavoro”. Non costituisce elemento rilevante il fatto che le somme rubate siano di valore ridotto, in quanto è ben più importante il “disvalore” del comportamento del dipendente.

La decisione
Di conseguenza la Corte d'appello ha confermato la sentenza di primo grado che ha ritenuto legittima l'esclusione del socio dalla cooperativa e il suo licenziamento per giusta causa

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