Contenzioso

Retribuzione imponibile, minimale contributivo e contrattazione aziendale

di Silvano Imbriaci

Le deroghe in pejus introdotte in materia retributiva dalla contrattazione aziendale non possono incidere, né direttamente né indirettamente, sulla determinazione dell'imponibile contributivo minimo agganciato alla retribuzione stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali a livello nazionale. È questo il principio ribadito dalla pronuncia della Sezione Lavoro n. 24453/2017, in esito ad una vicenda riguardante la richiesta di pagamento di contributi previdenziali ad un istituto di credito, di rilevanza nazionale, in ordine ai compensi per le ore di straordinario lavorate in eccedenza rispetto ad un tetto individuato dalla contrattazione aziendale e confluite in una cosiddetta banca delle ore, ai fini della fruizione di riposi compensativi da parte dei lavoratori. La norma contrattuale aziendale, in particolare, era stata adottata allo scopo di contenere le prestazioni di lavoro straordinario (per i lavoratori a tempo pieno), in deroga, per le ore eccedenti il tetto delle ore di straordinario, a quanto previsto nel contratto collettivo. Secondo il datore di lavoro il trattamento riservato ai lavoratori non poteva considerarsi affatto penalizzante, rispetto alla regolamentazione del contratto collettivo applicabile, in quanto, mentre per le ore di straordinario lavorate entro il tetto indicato dalla contrattazione aziendale le stesse erano regolarmente retribuite (con una maggiorazione del 25%), per le ore eccedenti il sistema introdotto avrebbe permesso la soddisfazione di interessi non solo economici ma anche di altra natura a favore del lavoratore, a tutela della sua integrità e del suo equilibrio psico-fisico, esigenze non certamente tenute in conto dalla sola e semplice monetizzazione del lavoro svolto. Secondo la Cassazione, nella verifica della disciplina maggiormente vantaggiosa per il lavoratore, occorre porre a confronto i diversi trattamenti esclusivamente sotto il profilo economico: il riposo compensativo retribuito al 100%, previsto dal contratto aziendale, a fronte dell'applicazione di una normale retribuzione al 100%, oltre ad una maggiorazione del 25%, nel contratto collettivo nazionale. Sotto questo profilo appare evidente la minor convenienza, da un punto di vista economico, del trattamento previsto a livello di contrattazione aziendale, anche se, contrariamente a quanto evidenziato dall'Istituto di credito, in modo molto suggestivo, tale bilanciamento non prende in considerazione gli interessi di natura non patrimoniale cui risponde la generale tendenza alla riduzione del lavoro straordinario e all'attenzione maggiore per l'integrità e l'equilibrio psico-fisico del lavoratore, mediante un sensibile aumento della quota di tempo libero nell'arco della giornata lavorativa. A tale proposito, la Cassazione rileva che i vantaggi derivanti dai riposi compensativi hanno chiaramente natura non patrimoniale, in quanto, se così non fosse, «…dovrebbero essere considerate prestazioni in natura traducibili in un valore convenzionale a fini contributivi, tale da portare il compenso per lo straordinario ad un importo superiore rispetto a quanto previsto dal Ccnl» (così, letteralmente in sentenza). Il sistema, tuttavia, deve fare i conti con l'inderogabilità della obbligazione contributiva, a tutela delle esigenze di sicurezza sociale connesse allo svolgimento di attività lavorativa. E in tale contesto, nessuna rilevanza assume anche la volontà del lavoratore, elemento che non incide in alcun modo sul diritto/dovere dell'INPS di ricevere il pagamento di contributi correlati all'effettivo lavoro svolto, secondo il criterio previsto in generale per i lavoratori dipendenti di quel settore. Ciò corrisponde all'applicazione in concreto del principio generale che regola l'individuazione della retribuzione imponibile a fini contributivi sancito dall'art. 1, comma 1 del d.l. n. 338/1989, conv. con modifiche dalla l. n. 389/1989: la retribuzione da prendere in considerazione per il calcolo dei contributi non può essere inferiore a quella stabilita dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale (fatta salva naturalmente l'esistenza di trattamenti migliorativi). La contrattazione collettiva nazionale applicabile, dunque, avuto riferimento anche alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative (articolo 2, comma 25, della legge n. 549/1995), costituisce il limite invalicabile sul quale calcolare i contributi, indipendentemente da quanto effettivamente sia corrisposto al lavoratore, anche a seguito di legittimi accordi aziendali (non necessariamente per effetto di decisioni unilaterali da parte del datore di lavoro). Il minimale rappresenta, dunque, una forma di tutela insuperabile per i lavoratore, perché si muove non sul piano della retribuzione effettivamente corrisposta (dove la tutela è affidata, in ultima analisi, all'articolo 36 della Costituzione), ma su un piano pubblicistico, di imposizione di un'aliquota contributiva minima ed inderogabile, finalizzata ad una effettiva tutela assicurativa dei lavoratori, oltre che al conseguimento di un miglior equilibrio finanziario della gestione previdenziale e della parità di condizioni tra imprese (cfr. Cass. Sez. Unite, n. 11199 del 29 luglio 2002). La questione dunque si sposta sulla capacità di incidere sulle disposizioni della contrattazione collettiva nel suo farsi e sul punto il limitato potere di intervento (previsto dall'articolo 3 del Dl n. 318/1996, convertito in legge n. 402/1996) deve comunque essere circondato da cautele (deposito dell'accordo presso gli uffici territoriali del lavoro e gli enti previdenziali interessati). In ogni caso, la disciplina del minimale contributivo non agisce sulla legittimità dell'accordo aziendale, ma solo sulle modalità del calcolo della contribuzione, che deve avvenire secondo i parametri fissati dal Ccnl (secondo il generale principio dell'autonomia del rapporto contributivo/previdenziale rispetto al rapporto di lavoro).

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