Contenzioso

Danno biologico risarcito anche dal datore di lavoro

di Mauro Pizzin

Nei casi di liquidazione del danno biologico cosiddetto “differenziale”, dovuto in seguito ad un infortunio sul lavoro e di cui è chiamato a rispondere il datore di lavoro, il calcolo del dovuto va operato per poste omogenee, ossia detraendo dalla rendita costituita dall’Inail a favore del lavoratore solo il valore della quota della stessa destinata a ristorare il danno biologico, con esclusione della quota rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato, destinata invece all’indennizzo del danno patrimoniale. Il principio è stato ribadito dalla Cassazione con la sentenza n. 27669/17, depositata ieri.

I giudici di legittimità si sono pronunciati sul ricorso di una società di trasporti, condannata in primo grado a risarcire il danno differenziale non patrimoniale derivato dall’infortunio sul lavoro di un dipendente: verdetto confermato anche dalla Corte d’appello di Brescia.

Fra le varie motivazioni del ricorso (tutte respinte dalla Cassazione), l’azienda aveva denunciato la violazione dell’articolo 13 del Dlgs 38/2000, secondo cui il datore di lavoro risponde dei danni occorsi al lavoratore infortunato per il danno “differenziale”, che non comprende le componenti del danno biologico coperte dall’assicurazione obbligatoria. Il ricorrente, in particolare, riteneva che il danno differenziale dovesse ricomprendere tanto quello patrimoniale, quanto quello non patrimoniale, con sottrazione dal dovuto dell’intera rendita Inail, pena un’ingiustificata duplicazione dell’indennizzo all’infortunato.

Nel respingere la richiesta, la Cassazione ha ricordato come la prospettiva dell’articolo 13 del Dlgs 38/2000 non sia quella di fissare in via generale gli aspetti risarcitori del danno biologico, ma solo quello di definire i meri aspetti indennitari agli specifici fini dell’assicurazione obbligatoria Inail, strutturata in termini di mero indennizzo e non di risarcimento in quanto svincolata dalla sussistenza di un illecito. Si tratta, quindi, di una somma che non può essere considerata integralmente satisfattiva del diritto al risarcimento del danno biologico subito dall’infortunato, con la conseguenza che deve semplicemente detrarsi dal totale del risarcimento spettante da quest’ultimo. Ritenere il contrario - sottolineano i giudici - significherebbe attribuire al lavoratore danneggiato un trattamento deteriore, quanto al danno biologico, rispetto ad un non lavoratore danneggiato, con dubbi di legittimità costituzionale.

La sentenza n. 27669/17 della Corte di cassazione

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