Contenzioso

La maternità post contratto non vale per l’anzianità di servizio

di Matteo Prioschi


La maternità fruita dalla dipendente pubblica al termine di un contratto a tempo determinato non costituisce periodo utile al raggiungimento dei tre anni di anzianità di servizio necessari per partecipare alle procedure di stabilizzazione secondo quanto previsto dalla legge 296/2006.

Una ex dipendente del Comune di Torino ha chiamato in causa l’amministrazione in relazione al lavoro effettuato con alcuni contratti a tempo determinato che si sono succeduti nel periodo 2002-2003. Uno dei due motivi di ricorso ha riguardato la corretta interpretazione dell'articolo 1, comma 558, della legge 296/2006. Con tale disposizione è stata prevista la possibilità, per gli enti soggetti al patto di stabilità interno, di assumere definitivamente il personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni anche non continuativi o che abbiano raggiunto i tre anni con contratti stipulati prima del 29 settembre 2006, o nel quinquennio precedente l'entrata in vigore della legge stessa.
Secondo la ricorrente, ai fini del computo dei tre anni di servizio si dovrebbe conteggiare anche il periodo di maternità fruito seppur successivamente alla scadenza del contratto a termine «perché la lavoratrice madre non può essere pregiudicata dal punto di vista reddituale e nella carriera».

Per la Cassazione (sentenza 28253/2017 depositata ieri), invece, il periodo in cui si è fruito dell’indennità di maternità se successivo al termine del contratto non può essere incluso nel periodo di servizio effettivo. Questo perché l’articolo 24 del Dlgs 151/2001 prolunga il diritto all’indennità nei casi di disoccupazione, sospensione e assenza senza retribuzione, ma non prevede che tale periodo sia computabile nell’anzianità di servizio, a differenza di quanto avviene se la maternità viene fruita in costanza di rapporto di lavoro (articolo 22 del Dlgs 151/2001).

Secondo la Suprema corte la lavoratrice gestante che ha già concluso il contratto a termine «riceve il medesimo trattamento riservato al lavoratore di sesso maschile, per il quale si computa la sola durata del contratto a termine, durata che viene calcolata per intero anche in favore della lavoratrice nell’ipotesi in cui l'astensione per maternità cada nel periodo di esecuzione del rapporto a tempo determinato».

Di conseguenza non è fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla ricorrente in merito all’articolo 1, comma 558, della legge 296/2006 in quanto vi è parità di trattamento tra uomini e donne nella valorizzazione del contratto a tempo determinato ai fini dell'anzianità di servizio.

La sentenza 28253/2017

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©