Contenzioso

Possibile presentare due ricorsi separati per ottenere Tfr e premio di risultato

di Matteo Prioschi

È possibile presentare domande separate per ottenere il ricalcolo del Tfr e il pagamento del premio di risultato dalla propria azienda. Le due pretese hanno fatti costitutivi e fonti legali diversi ed inoltre riunirle in un unico procedimento comprime i diritti del creditore, crea difficoltà al debitore e non favorisce la semplificazione del processo. Questa la posizione espressa dalla Cassazione nella sentenza 28963/2017 depositata ieri.

Un lavoratore ha promosso ricorso contro la sua ex azienda per chiedere il ricalcolo del trattamento di fine rapporto. Successivamente ha presentato un altro ricorso per ottenere le quote di premio di risultato che sono state erogate dopo la sua uscita dall'azienda (ma riferite al periodo lavorato).

Il giudice di primo grado ha respinto la seconda richiesta a causa del precedente ricorso. Secondo il tribunale, infatti, trovandosi di fronte a un unico rapporto obbligatorio, l'ex dipendente avrebbe dovuto proporre un ricorso unico, sia per il Tfr che per il premio. La Corte d'appello ha ribaltato la decisione del tribunale, accogliendo le richieste del lavoratore.
L'azienda ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che nel giudizio di appello non si è tenuto conto della sentenza 23726/2007 sempre della Suprema corte a sezioni unite, secondo cui “costituisce abuso del processo, ostativo alla domanda giudiziale, il frazionamento d'un credito unitario”.

I giudici di Cassazione hanno rigettato il ricorso, ritenendo che, nel caso specifico, si deve fare riferimento a un'altra sentenza a sezione unite, la 4090/2017, in base alla quale “le domande aventi ad oggetto diversi distinti diritti di credito, ancorché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, ben possono essere proposte in separati processi”.
Nella sentenza 28963/2017 depositata ieri si precisa che quando si sono pronunciati sulla infrazionabilità del credito si è fatto riferimento “sempre e soltanto ad un singolo credito, non ad una pluralità di crediti pur facenti capo ad un unico rapporto complesso come quello di lavoro”. Ritenere che sussista l'obbligo, in tale situazione, di presentare un singolo ricorso, secondo i giudici, danneggerebbe il creditore perché non potrebbe scegliere la soluzione ritenuta migliore in relazione alla tipologia e all'importo dei crediti stessi. E anche in caso di insinuazione al passivo fallimentare, ci sarebbe il rischio di improponibilità di insinuazioni tardive per crediti provati dopo rispetto ai primi.

Oltre a ciò, in più di una situazione è espressamente previsto che si possa agire con azioni separate. Inoltre riunire tutte le richieste in un unico procedimento limiterebbe anche i margini di difesa del debitore che si troverebbe ad affrontare più aspetti, magari eterogenei tra loro, in poco tempo senza potersi preparare adeguatamente.

E, ancora, il fatto che tutti i crediti debbano essere richiesti in un unico processo “è incompatibile con un sistema inteso a garantire l'agile soddisfazione del credito, quindi a favorire la circolazione del danaro e ad incentivare gli scambi e gli investimenti”.
La sentenza 4090/2017, sottolineano i giudici, ammette il divieto di azione frazionata solo se ci sono un requisito positivo e l'altro negativo. Il primo è che le pretese creditoria siano inscrivibili siano fondate sullo stesso fatto costitutivo, con la conseguenza che accertarlo separatamente comporti una duplicazione dell'attività istruttoria; il secondo è l'assenza dell'interessato a un interesse oggettivo al frazionamento.

Nel caso specifico, però, Tfr e premio di risultato hanno un fatto costitutivo e una fonte legale diversi, in quanto l'esistenza di un unico rapporto di lavoro tra le parti non è ragione sufficiente.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©