Contenzioso

Legittima la mini perequazione della pensione

di Silvano Imbriaci

Con la sentenza 70/2015, la Corte costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'articolo 24, comma 25, del decreto legge 6 dicembre 2011, numero 201 convertito in legge con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, numero 214, nella parte in cui limitava la rivalutazione automatica nella misura del 100% dei trattamenti pensionistici per gli anni 2012 e 2013 solo a quelli di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo (1.405 euro lordi).

Secondo la Corte, lo strumento della sospensione della perequazione non si pone al di fuori del contesto costituzionale, per la sua capacità di incidere sul complesso del trattamento pensionistico; tuttavia ciò non toglie che debba essere circondato da particolari cautele. L'aver abbandonato l'intervento per blocchi di importo a favore di una generalizzata sospensione dei trattamenti pensionistici complessivamente intesi al di sopra di un certa quota (in risposta all'esigenza di dover affrontare una vera e propria emergenza finanziaria), ha posto la norma censurata fuori dalla linea seguita dagli interventi dello stesso tipo precedenti, ma in posizione non in sintonia rispetto ai principi regolatori in materia da osservarsi anche per il futuro.

Con la nuova pronuncia del 1° dicembre 2017, numero 250 la Corte è chiamata a misurare la legittimità costituzionale dell'intervento correttivo/sostitutivo operato dal legislatore con l'articolo 1, comma 1, numero 1 del Dl 65/2015: il comma 25, escludendo in ogni caso la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo Inps (al posto del precedente limite di tre volte), descrive infatti una disciplina maggiormente articolata per fasce e con percentuali di aumento calibrate sull'importo del trattamento pensionistico (ad esempio con la previsione di percentuali di aumento fissate al 40% per i trattamenti superiori a tre volte il trattamento minimo Inps e pari o inferiori a quattro volte lo stesso; al 20 % per i trattamenti superiori a quattro volte il trattamento minimo Inps e pari o inferiori a cinque volte lo stesso; al 10 % per i trattamenti superiori a cinque volte il trattamento minimo Inps e pari o inferiori a sei volte lo stesso).

Il comma 25 bis, allo stesso modo, stabilisce le percentuali in cui gli incrementi perequativi attribuiti dal comma 25 per gli anni 2012 e 2013 sono riconosciuti ai fini della determinazione della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici di importo complessivo superiore a tre volte il minimo Inps negli anni 2014 e 2015 (20%) e a decorrere dall'anno 2016 (50%).

Per questo le questioni di costituzionalità riguardano in gran parte la violazione del giudicato costituzionale della sentenza 70/2015 (articolo 136 della Costituzione), giudicato del quale la normativa finirebbe con limitare gli effetti in modo ingiustificato.

È opportuno ricordare che a seguito della sentenza della Corte costituzionale 70/2015 si era aperto un nutrito contenzioso volto all'accertamento del diritto alla rivalutazione sulla base della disciplina in concreto applicabile; la norma oggetto del nuovo vaglio di costituzionalità aveva tentato di intercettare e controllare questo ricco filone di cause mediante la riproposizione di un meccanismo regolatore della perequazione.

Posto che tale intervento, per avere un senso, non poteva che essere inteso come efficace anche per le situazioni pregresse, soprattutto con riferimento al biennio 2012/2013, incappato sotto la scure del blocco, la Corte ribadisce, seguendo il filo del suo ragionamento, che le disposizioni in materia di blocco della perequazione, se dotate delle cautele e delle modalità descritte nella sentenza 70/2015, possono tranquillamente essere compatibili con il sistema, in quanto incidono su una parte limitata del trattamento pensionistico e non sulla generale disponibilità dei mezzi di sussistenza da parte dei destinatari della norma.

Proprio perché il legislatore interviene su un settore assai delicato, come quello dell'importo del trattamento pensionistico, occorre che sia tenuto fermo il principio della ragionevolezza che si traduce in sostanza in una accurata motivazione delle scelte normative discrezionali, basata su dati oggettivi e non equivocabili (ricavabili dall'apparato documentale tecnico che precede e accompagna gli interventi normativi finalizzati ai risparmi di spesa).

L'intervento normativo successivo alla sentenza 70/2015 ha introdotto una nuova disciplina, e non si è limitato a una mera riproduzione di quella dichiarata incostituzionale, né, secondo la Corte, ha realizzato esiti corrispondenti a quella, proprio perché sono presenti significative novità normative che ne differenziano chiaramente la portata della perequazione e le modalità di applicazione, secondo una visione complessiva delle norme succedutesi nel tempo. Quanto ai vari ricorrenti/destinatari della norma, la Corte sottolinea che non poteva essersi determinato un affidamento nell'applicazione della disciplina risultante dalla sentenza 70/2015, dal momento che la stessa Corte aveva auspicato e raccomandato un intervento “riparatore” del legislatore sulla base dei citati principi di ragionevolezza.

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