Contenzioso

Disvalore morale per chi fa doppio lavoro durante i permessi “104”

di Giuseppe Bulgarini d'Elci


Deve considerarsi legittimo il licenziamento del dipendente che si sia assentato dal lavoro sul doppio presupposto di un infortunio e, inoltre, di permessi per assistere il familiare disabile in base all’articolo 33 della legge 104/1992, laddove egli abbia utilizzato le giornate di assenza per svolgere un'altra attività lavorativa. Precisa la Corte di cassazione (ordinanza 29613 dell'11 dicembre 2017) che, in questo contesto, il comportamento del dipendente che utilizza il beneficio dei permessi per l'assistenza di un familiare affetto da handicap allo scopo, in realtà, di occuparsi di esigenze estranee alla cura del disabile integra un abuso di diritto e non solo viola i basilari principi di correttezza e buona fede a presidio del rapporto di lavoro, ma realizza un'azione che si caratterizza per il suo disvalore morale e sociale.

Il caso affrontato dalla Suprema corte è relativo a un lavoratore addetto all'assistenza presso un centro medico di riabilitazione vita, il quale nel corso di prolungate assenze, vuoi per infortunio, vuoi per assistenza di disabile, invece di rimanere a casa a curarsi (per le assenze riconducibili a infortunio) o di prestare le cure al familiare in situazione di handicap (per le assenze riconducibili ai permessi articolo 33), aveva impiegato il suo tempo nello svolgimento di altra attività lavorativa.

Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento sul presupposto, tra l'altro, che in costanza di assenza per infortunio il lavoratore non è messo di fronte al divieto assoluto di prestare attività lavorativa, laddove tale impegno non sia incompatibile con la condizione invalidante e non pregiudichi o ritardi la guarigione. In primo e in secondo grado il licenziamento era stato confermato alla luce del rilievo che le azioni del dipendente realizzavano una condotta fraudolenta, ampiamente idonea a giustificare il licenziamento disciplinare per lesione del vincolo fiduciario.

La Cassazione conferma le valutazioni rese nei due gradi di merito e, senza voler riesaminare la consistenza dei fatti ascritti al lavoratore sul piano disciplinare, osserva che la validità del licenziamento per giusta causa presuppone che gli addebiti rivestano il carattere di grave negazione dell'elemento fiduciario, precisando che la relativa valutazione va operata attingendo agli aspetti concreti del rapporto di lavoro (posizione delle parti, affidamento richiesto in relazione al contenuto delle mansioni attribuite, danni eventualmente prodotti) e all'elemento soggettivo insito nella condotta del lavoratore.

Sulla scorta di questi parametri la Corte conclude che la decisione di confermare la validità del licenziamento è stata effettuata correttamente, tanto più in considerazione del fatto che l'utilizzo dei permessi di assistenza al familiare disabile per svolgere attività del tutto estranea alla finalità solidaristica prevista dall'articolo 33 della legge 104/1992 integra abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede. Ad avviso della Cassazione, la gravità del comportamento travalica il semplice, pur grave, inadempimento alle obbligazioni inerenti il rapporto di lavoro e si colloca nell'alveo della condotta che assume disvalore morale e sociale.

Ordinanza 29613

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