Contenzioso

Socio accomandante, reddito d’impresa e base imponibile contributiva

di Silvano Imbriaci

La questione risolta dalla sentenza della Corte di Cassazione, sezione lavoro 12 dicembre 2017, n. 29779 riguarda l'assoggettabilità a contribuzione del reddito da partecipazione ad una società in accomandita semplice di un lavoratore (socio accomandante) già iscritto alla Gestione artigiani per attività di tipo diverso.

La norma da cui trarre spunto per la definizione della controversia è rappresentata dall'art. 3 bis del d.l. n. 384/1992 (conv. con mod. nella l. n. 438/1992) secondo cui l'ammontare del contributo annuo dovuto per i soggetti di cui alla l. n. 233/1990 è rapportato alla totalità dei redditi di impresa denunciati ai fini IRPEF per l'anno al quale i contributi stessi si riferiscono.

La Cassazione si chiede dunque se tra questi redditi d'impresa debba essere incluso anche il reddito del socio accomandante di s.a.s., nella quale il soggetto, in particolare, risulti non svolgere alcuna attività lavorativa. Si tratta, in altre parole, di stabilire se la base contributiva previdenziale dell'attività artigianale (per la quale risulta regolare iscrizione e versamento di contribuzione) possa ricomprendere anche altri redditi provenienti da fonte diversa, come ad esempio i redditi da partecipazione ad una società di persone.

La tesi positiva trova il suo aggancio nella norma sopra indicata, rimandando implicitamente ad un concetto di totalità dei redditi comprensivo di tutti i redditi denunciati ai fini IRPEF (secondo quanto disposto dall'art. 6, comma 3 del d.p.r. n. 917/1986).

Trattandosi dunque e pacificamente di redditi d'impresa, gli stessi sono da determinarsi unitariamente ai fini dell'obbligo contributivo.

La tesi negativa, invece, fa leva sull'assenza di svolgimento di attività lavorativa con le caratteristiche richieste per l'ingresso del corrispondente obbligo contributivo alle c.d. gestioni speciali degli artigiani e commercianti. Infatti, in via generale, anche l'INPS si è sempre assestato su quanto disposto con le circolari n. 1595/2 del 3 gennaio 1978 e la successiva n. 249 del 9 dicembre 1981, nonché con il messaggio n.14163 del 15 marzo 1993 e più di recente con la circolare n. 12/2008, con cui è stato specificato che tali soggetti sono iscrivibili alla Gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali ove concorrano le due seguenti condizioni: un rapporto di parentela ovvero di affinità entro il terzo grado con il socio accomandatario (cfr. articolo 1, comma 206 della legge n. 662/1996; circolare INPS n.25 del 7 febbraio 1997); l'effettivo svolgimento dell'attività istituzionale della Società con carattere di abitualità e di prevalenza. In mancanza di attività lavorativa, ma solo in relazione ad una posizione rivestita (socio accomandante) non sarebbe possibile dunque l'assoggettamento a contribuzione dei relativi redditi, a fronte peraltro di assolvimento dell'obbligo in relazione alla diversa attività principale.

Secondo la Cassazione, tuttavia, tale dubbio appare superabile dalla chiara lettera delle disposizioni normative sopra rammentate. Il riferimento alla totalità dei redditi non può che ricomprendere anche quelli provenienti da fonte diversa rispetto a quella accertata, e da considerarsi comunque redditi d'impresa. Del resto, che questo sia stato il chiaro intento del legislatore lo si coglie anche da raffronto con la normativa precedente (art. 1. L. n. 233/1990) che invece indicava una base imponibile più ristretta (rappresentata dal 12 per cento del reddito annuo derivante dalla attività di impresa che dà titolo all'iscrizione alla gestione).

Vi è quindi una chiara differenza tra questa prospettiva limitata dei redditi rispetto alla “totalità” richiesta dall'art. 3 bis cit., da ricercarsi nel fatto che il legislatore ha voluto ampliare la base imponibile, in connessione con il processo di armonizzazione della base imponibile contributiva con la base imponibile vigente in ambito tributario. Anche la stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 354/2001), secondo quanto affermato dalla Cassazione, avalla questa interpretazione, in quanto è da escludere una irragionevole disparità di trattamento tra i redditi del socio di società di capitale dotate di personalità giuridica (esenti da contribuzione) e i redditi di impresa percepiti dal socio di accomandita semplice o dal socio di s.n.c. Qui infatti ha rilievo la discrezionalità del legislatore che, se da una parte impone un maggior onere, dall'altra, così facendo, amplia la base pensionabile e quindi, indirettamente, apporta un beneficio in termini di misura del trattamento pensionistico.

L'apporto al sistema finanziario generale, inoltre, non è legato necessariamente alla corrispettività tra imposizione contributiva e svolgimento in concreto di attività lavorativa. Possono concorrere altre attribuzioni economiche legate solo occasionalmente con lo svolgimento di attività lavorativa. Piuttosto assume rilevanza, come abbiamo accennato, la tendenziale armonizzazione tra base imponibile previdenziale e base imponibile fiscale, e l'allargata nozione di reddito utilizzabile sia ai fini previdenziali che ai fini tributari.

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