Contenzioso

Malattia contratta sul lavoro, niente risarcimento per i giudici di pace

di Mauro Pizzin

Semaforo rosso della Corte di cassazione alla richiesta di risarcimento effettuata da un giudice di pace nei confronti del ministero della Giustizia e dell’Inail per danni alla salute, morale ed esistenziale, cagionati da un’infezione provocata dal batterio della tubercolosi che secondo il ricorrente era stata da lui contratta nell’ambiente di lavoro.

Secondo i giudici di legittimità, che hanno confermato la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Genova il 20 luglio del 2012, l’obbligo di garantire l’incolumità fisica del lavoratore, prevista a a carico del datore di lavoro dall’articolo 2087 del Codice civile non è applicabile al caso in questione in quanto i giudici di pace, facenti parte della magistratura onoraria, non sono pubblici dipendenti, nè lavoratori subordinati, con conseguente esclusione anche della copertura Inail. Una situazione, quest’ultima, mutata a seguito del Dlgs 116/17 di riforma della magistratura onoraria, un rilievo fatto proprio anche nella sentenza 99/18 depositata ieri. L’articolo 25, comma 5, del decreto, infatti, prevede che i giudici onorari di pace e i viceprocuratori onorari immessi in servizio dopo il 15 agosto 2017 - data di entrata in vigore della riforma - siano assicurati dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali pur continuando a prestare attività da lavoratori autonomi. Le modalità di attuazione della disposizione sono state già definite dall’Inail con la circolare n. 50/17 dello scorso novembre, in cui si chiarisce anche che la nuova copertura assicurativa obbligatoria a carico ministeriale comporta il riconoscimento della totalità delle prestazioni economiche erogate dall’Istituto, fra le quali l’indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta, commisurate alla stessa base imponibile utilizzata per il calcolo del premio assicurativo.

Le differenze con la magistratura ordinaria
Nella sentenza la Cassazione ricorda come la giurisprudenza di legittimità abbia da tempo chiarito che nei confronti dei giudici di pace si instaura un rapporto di servizio non coincidente con quello di pubblico impiego. A differenza della magistratura ordinaria, in particolare, in quella onoraria non si entra a far parte per concorso e il compenso ottenuto non è frutto di una vera e propria retribuzione «inerente al rapporto sinallagmatico tra le parti», ma ha carattere «meramente indennitario e, in senso lato, di ristoro degli oneri sostenuti». La durata del rapporto, infine, è a tempo indeterminato nel pubblico impiego e a termine - per quanto con possibilità di rinnovo dell’incarico - per i funzionari onorari. Da ciò, come detto, l’inapplicabilità dell’articolo 2087 del Codice civile, in quanto tale disposizione trova applicazione solo nell’ambito dei rapporti di lavoro subordinato (sul punto si vedano, tra le altre, le Cassazioni 27368/14 e 24538/15).

La circolare Inail 50/17

La sentenza n. 99/18 della Corte di cassazione

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