Contenzioso

Niente licenziamento per il lavoratore che fa sport durante la malattia

di Mauro Pizzin


Con la sentenza 1173/2018, pubblicata ieri, la Corte di cassazione è tornata sul tema della condotta che deve essere tenuta dal lavoratore in malattia durante il periodo di convalescenza, ribadendo il principio secondo cui è sanzionabile il suo comportamento solo nel caso in cui, per le sue caratteristiche, esso violi i doveri di buona fede e correttezza a cui il dipendente deve attenersi.

Il caso esaminato dai giudici di legittimità riguardava un lavoratore a cui era stato intimato il licenziamento nell'ottobre del 2010 da parte dell'azienda per avere effettuato quella che si sarebbe poi rivelata una moderata attività fisica (brevi passeggiate e bagni al mare) durante il periodo di convalescenza.

In primo grado il tribunale di Avellino, a cui il lavoratore aveva fatto ricorso, aveva dichiarato l'illegittimità del licenziamento, disponendo la sua reintegrazione sul posto di lavoro e condannando la società al risarcimento del danno ai sensi dell'articolo 18 della legge 300/70. La consulenza disposta dal tribunale aveva evidenziato, fra l'altro, che la moderata attività fisica svolta non era incompatibile con le terapie di recupero della tonicità muscolare e l'organo giudicante aveva ritenuto provato che il ricorrente avesse tenuto durante il periodo di convalescenza un comportamento corretto.

Tesi contestata dal datore di lavoro (bocciata una prima volta dalla Corte d'appello di Napoli), il quale, nel successivo ricorso in Cassazione aveva evidenziato che, in occasione della distorsione alla base del periodo di malattia, il lavoratore aveva rifiutato, fra l'altro, il ricovero in ospedale e gli accertamenti specialistici che gli erano stato suggeriti, così determinando un consistente allungamento della prognosi inziale da 10 a 20 giorni.

Nel respingere il ricorso dell'azienda la Corte ha evidenziato quanto già disposto sul punto dalla giurisprudenza di legittimità, e in particolare dalla sentenza 9474/2009, secondo cui l'espletamento di altra attività, lavorativa ed extralavorativa, da parte del dipendente durante lo stato di malattia è idoneo a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede nell'adempimento dell'obbligazione e a giustificare il recesso del datore di lavoro laddove si riscontri che l'attività espletata costituisca indice di scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute e ai relativi doveri di cura e di ritardata guarigione, oltre ad essere dimostrativa dell'inidoneità dello stato di malattia a impedire comunque l'espletamento di un'attività ludica o lavorativa.

Tutti elementi, questi, che avrebbero dovuto essere provati dal datore di lavoro e che per i giudici di legittimità non sono stati riscontrati nel caso sottoposto alla loro attenzione.

La sentenza n. 1173/18 della Corte di cassazione

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