Contenzioso

Inps bloccata dalla definizione agevolata

di Salvina Morina e Tonino Morina

L’Inps non ha alcun titolo per chiedere i contributi che scaturiscono dagli accertamenti del fisco definiti con la chiusura delle liti pendenti.

L’agenzia delle Entrate, nel 2010, notifica un accertamento, per il 2005, con richiesta di Irpef per 1.218,00 euro, addizionale regionale 41,00 euro, addizionale comunale 23 euro, Irap 164 euro, Iva 499 euro, contributi Inps 722 euro, sanzioni 1.827 euro, complessivamente 4.494 euro.

Contro l’accertamento è stato presentato tempestivo ricorso alla Commissione tributaria provinciale, chiedendone l’annullamento. Il contribuente, al solo scopo di evitare le lungaggini del contenzioso, si è avvalso della definizione agevolata delle liti pendenti, versando un importo forfettario di 150 euro. Il 23 novembre 2012 al contribuente viene notificato un avviso di pagamento dell’Inps, con richiesta di importi dovuti alla gestione commercianti per il 2005, per un valore pari a quello già chiesto dall’agenzia delle Entrate.

Il contribuente ha quindi presentato un altro ricorso contro l’avviso emesso dall’Inps, che è stato accolto dal tribunale di Siracusa con conseguente annullamento dell’avviso (sentenza 108/2018). Per il giudice del lavoro, la scelta del contribuente di avere chiuso l’accertamento con la definizione agevolata delle liti pendenti «non comporta alcun effetto di acquiescenza o di riconoscimento della fondatezza della pretesa relativa al tributo, la cui possibilità di contestazione resta, quindi, impregiudicata (Cassazione 17529/2012); la scelta del contribuente non ha, quindi, valore di accettazione o riconoscimento della base imponibile così come accertata in via induttiva dall’agenzia delle Entrate, non si tratta, infatti, di un’ipotesi assimilabile all’accertamento con adesione».

Inoltre, si legge nella sentenza, «in presenza di una contestazione circa la corrispondenza al vero del maggior reddito accertato e, in difetto di una prova puntuale che lo stesso Inps non ha fornito (né poteva, non avendo poteri di accertamento), non può che concludersi che la pretesa contributiva poggia su di una base imponibile non riconosciuta, contestata e non dimostrata; né può ritenersi che il contribuente che aderisca allo strumento premiale della definizione concordata della lite e che rinunci, quindi, in modo definitivo a far valere le proprie ragioni in ordine all’infondatezza dell’accertamento tributario, possa poi trovarsi totalmente disarmato di fronte alle ulteriori pretese richieste dallo Stato sulla base di quello stesso accertamento, ormai non più contestabile in altre sedi giudiziarie».

Il ricorso del contribuente è stato accolto poiché il presupposto della pretesa contributiva (l’esistenza di un reddito superiore a quello dichiarato) non è stato accertato in modo intangibile nelle sedi, amministrative e giudiziarie, competenti.

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