Contenzioso

Rimborsabili al dipendente le somme indebitamente trattenute e versate dal datore di lavoro

di Salvatore Servidio

L'ordinanza 26 marzo 2018, numero 7509, della Corte di cassazione, concerne l'impugnativa da parte dell'erede del silenzio-rifiuto di rimborso Irpef spettante al de cuius per gli anni 1990, 1991, 1992, accolta dalla Commissione tributaria provinciale. Nel caso in esame la domanda di rimborso è fondata sulla disposizione introdotta dalla legge 27 dicembre 2002, numero 289, che all'articolo 9, comma 17, ha previsto una specifica procedura di condono a favore delle popolazioni colpite dal sisma del 1990.

Esito confermato in appello, ove la Commissione tributaria regionale, osservava in particolare che le istanze di rimborso dovevano considerarsi al contempo fondate, ancorché le stesse fossero state integralmente versate tramite il sostituto d'imposta/datore di lavoro.
L'agenzia delle Entrate, nel proprio ricorso per Cassazione, deduce, per quanto di interesse, violazione dell’articolo 9, comma 17, della legge 289/2002 e dell’articolo 1, comma 665, della legge 190/2014, per avere il giudice di merito errato nel ritenere spettante al contribuente il rimborso delle ritenute operate dal datore di lavoro, che aveva assolto gli obblighi tributari quale sostituto d'imposta, a costui spettando in via esclusiva il rimborso, come avrebbe dovuto desumersi sia dal riferimento testuale nella norma alle imposte «versate», sia dalla ratio dell'intervento legislativo diretto ad assicurare un sostegno economico alle imprese delle province colpite dagli eventi sismici e comunque riferito alle imposte autoliquidate dagli stessi contribuenti.

La decisione della Cassazione
Decidendo la vertenza, la sezione tributaria respinge il ricorso erariale, affermando che le somme indebitamente versate all'Erario possono essere richieste a rimborso direttamente dal contribuente, anche se il pagamento delle stesse è di fatto stato eseguito dal datore di lavoro in qualità di sostituto d'imposta.

A tal fine, il giudice di legittimità ha premesso che in tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, prevista dall'articolo 9, comma 17, della legge 289/2002, a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato alcune province della Sicilia, la definizione può avvenire in due simmetriche possibilità: in favore di chi non ha ancora versato, mediante il pagamento solo del 10% del dovuto da effettuarsi entro il 16 marzo 2003; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90% di quanto versato al medesimo titolo.

Ciò per effetto dell'intervento normativo citato, cui va riconosciuto il carattere di “ius superveniens” favorevole al contribuente, tale da rendere quanto già versato non dovuto “ex post” (così Cassazione 1 ottobre 2007, numero 20641; 12 giugno 2012, numero 9577; in termini analoghi si è anche pronunciata - per la materia contributiva - la Sezione lavoro della Corte di cassazione, con le sentenze 7 maggio 2010, numero 11133 e 10 maggio 2010, numero 11247).

Ciò anche in coerenza con l'interpretazione costituzionalmente orientata della legge (si veda in particolare la sentenza 10 novembre 2000, numero 416, con cui la Corte costituzionale ha differenziato la disciplina del condono dalle altre disposizioni di favore - nel cui ambito si ascrivono quelle in esame - che sono estranee alla tecnica e alle finalità del condono e che non rispondono “ad esigenze della finanza pubblica”, ma piuttosto mirano a “realizzare un'uniformità di regolamentazione” di una disciplina sostanziale oppure a prevedere misure di sostegno in favore di soggetti particolarmente bisognosi, come quelli danneggiati da calamità naturali, che è l'ipotesi che viene qui in rilievo) e, in particolare, con i principi di ragionevolezza e uguaglianza da ritenere tanto più accentuati in quanto riferiti a vittime di calamità naturali (Cassazione, 9 marzo 2012, numero 3832).

Chiarisce poi la sezione tributaria che, in base all'articolo 38 del Dpr 29 settembre 1973, numero 602, in tema di rimborso delle imposte sui redditi, sono legittimati a richiedere all'amministrazione finanziaria il rimborso della somma non dovuta e a impugnare l'eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario sia il soggetto che ha effettuato il versamento (sostituto d'imposta), sia il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (sostituito)(Cassazione 29 luglio 2015, numero 16105; 14 luglio 2016, numero 14406), rimanendo quest'ultimo, comunque, il contribuente/debitore principale e come tale beneficiario diretto del provvedimento agevolativo di che trattasi.

Pertanto, la Suprema corte afferma in conclusione il principio che il lavoratore, che si identifica con il contribuente, vanta e può esercitare il diritto al rimborso per le somme indebitamente ritenute alla fonte e versate dal datore di lavoro, restando del tutto indifferente ai fini della spettanza del beneficio la circostanza che la somma, oggetto di richiesta di rimborso, sia stata versata tramite ritenute operate dal sostituto d'imposta.

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