Contenzioso

I rider non sono etero organizzati

di Aldo Bottini

Uno dei temi toccati dal tribunale di Torino nella sentenza Foodora (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri) riguarda l’applicazione ai riders della norma contenuta nell’articolo 2 del decreto legislativo 81/2015, invocata in via subordinata (a quanto si legge nella sentenza) dai lavoratori ricorrenti.

Tre valutazioni

La norma, contenuta in uno dei decreti del Jobs act, dispone che si applichi la disciplina del lavoro subordinato anche «ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro». In una parola, alle collaborazioni cosiddette etero-organizzate.

Sin dall’entrata in vigore della norma, i commentatori si sono divisi tra chi la considera una disposizione priva di effetto pratico, che si limita a enunciare principi già enucleati dalla giurisprudenza (norma apparente) e chi, viceversa, ritiene che essa abbia allargato l’ambito di applicazione della disciplina del lavoro subordinato, vuoi qualificando come subordinate le collaborazioni etero-organizzate (norma di fattispecie), vuoi semplicemente applicando le norme del lavoro subordinato a determinate collaborazioni autonome, senza alterarne la qualificazione (norma di disciplina).

La sentenza

Il tribunale di Torino mostra di aderire alla tesi della norma apparente, laddove afferma che comunque si richiede che il lavoratore «sia pur sempre sottoposto al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro», cioè eterodiretto. Anzi, secondo il tribunale, l’ambito di applicazione sarebbe addirittura più ristretto di quello tradizionale della subordinazione, dovendo l’eterodirezione riguardare «anche» i tempi e il luogo di lavoro. La norma è quindi stata ritenuta inapplicabile alla fattispecie dei ciclofattorini.

Lettura alternativa

A questa conclusione si dovrebbe comunque giungere anche qualora (diversamente dal tribunale di Torino) si ritenesse, come molti hanno scritto, che la norma in questione abbia invece allargato il campo di applicazione della disciplina del lavoro subordinato, includendovi fattispecie in precedenza escluse (le collaborazioni etero-organizzate anche se non etero-dirette).

Per rientrare in tale disciplina sarebbe comunque necessario che al committente–datore di lavoro sia attribuito il potere di imporre unilateralmente al collaboratore tempi e luogo di lavoro, il che non accade nella fattispecie. Sono infatti i riders a scegliere quando (fasce orarie) e dove (aree geografiche) svolgere la prestazione, auto-organizzandosi quindi quanto a tempi e luogo di lavoro.

Modalità concordate

Non solo. La modifica dell’articolo 409 del Codice di procedura civile operata dalla legge 81/2017 ha chiarito che il rispetto di modalità di coordinamento concordate tra le parti è compatibile con l’autonomia della collaborazione. E nel caso dei riders le modalità di esecuzione della prestazione (cioè di coordinamento) sono concordate tra le parti per ben due volte.

La prima con il contratto iniziale (nel quale le modalità esecutive sono dettagliate), la seconda tutte le volte che, tramite l’applicazione, il ciclofattorino sceglie di accettare l’ordine e quindi le modalità tecniche di evasione del medesimo, che rispondono, come osserva il tribunale di Torino, a esigenze di coordinamento dettate dalla necessità di rispetto dei termini di consegna.

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