Contenzioso

Azione antisindacale con conseguenze durevoli

di Carlo Marinelli e Uberto Percivalle

Il carattere di “associazione sindacale nazionale” richiesto dall'articolo 28 dello statuto dei lavoratori per la legittimazione a promuovere un'azione per comportamento antisindacale si desume dall'esistenza di una struttura organizzativa articolata a livello nazionale e dallo svolgimento dell'attività sindacale su tutto o su ampia parte del territorio nazionale. Il requisito dell'attualità del comportamento datoriale non va inteso in senso meramente temporale ma al termine di una valutazione complessiva che tenga conto del perdurare dei suoi effetti nel tempo. La sostituzione dei dipendenti in sciopero è ammissibile qualora non violi norme di legge o di contratto collettivo e non ostacoli concretamente il diritto di sciopero. Sono i tre importanti principi in tema di comportamento antisindacale ribaditi dai giudici di legittimità con la sentenza 12551/2018.
In occasione di uno sciopero proclamato da una sigla sindacale autonoma, il datore di lavoro ha sostituito gli scioperanti con altri dipendenti aventi qualifica superiore e ciò si è protratto per intere giornate, anche mediante il ricorso a lavoro straordinario oltre i limiti di legge. Il sindacato ha ritenuto tale condotta gravemente antisindacale ed è ricorso in tribunale ma il giudice di primo grado ha rigettato il ricorso, ritendendo che il comportamento denunciato difettasse del requisito della “attualità” essendone gli effetti già da tempo cessati al momento della proposizione del ricorso.
La corte di appello di Firenze (sentenza 361/2013) ha riformato la decisione, ha dichiarato l'antisindacalità della condotta datoriale e ha ordinato alla società di astenersi dal porre in essere analogo comportamento per il futuro.
La società ha presentato ricorso in Cassazione adducendo, da un lato, che l'organizzazione sindacale ricorrente non aveva carattere nazionale e dunque non era legittimata a proporre una azione secondo l'articolo 28 dello statuto dei lavoratori e dall'altro che, essendo cessato il comportamento dedotto in causa, non era possibile decidere sulla sua antisindacalità sulla base di una mera previsione di reiterazione e che, comunque, l'adibizione a mansioni inferiori di personale per sostituire gli scioperanti, era legittima in quanto marginale e occasionale e unicamente finalizzata a limitare i danni dello sciopero.
Investita della questione, la Corte coglie l'occasione per ribadire alcuni capisaldi della materia. In primo luogo, i giudici di legittimità, in linea con alcuni recenti precedenti (Cassazione 5321/2017 e 17915/2017), ricordano che la legittimazione a proporre un azione per comportamento antisindacale spetta alle “associazioni sindacali nazionali” e che per tali devono intendersi quelle che hanno una diffusione e svolgono una effettiva azione su tutto o su gran parte del territorio nazionale, non essendo indispensabile né la sottoscrizione (o l'espressa adesione) a un contratto collettivo nazionale, né che l'associazione ricorrente faccia parte di una confederazione nazionale o sia maggiormente rappresentativa.
Quanto al requisito dell'attualità, la Corte chiarisce che questa deve intendersi nel senso che, da un lato, il mero ritardo della proposizione del ricorso non ne determina in sé l'inammissibilità in presenza della permanenza degli effetti lesivi e, dall'altro, che l'esaurirsi del comportamento denunciato non preclude la possibilità di un provvedimento di accertamento e condanna ove venga verificato che tale comportamento può produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue, tali da determinare una restrizione o un ostacolo al libero esercizio dell'attività sindacale.
Infine, per quanto riguarda la sostituzione dei lavoratori in sciopero con altri aventi una qualifica superiore, la Corte puntualizza che l'adibizione a mansioni inferiori è possibile, ma solo qualora sia del tutto marginale e occasionale e per compiti funzionalmente accessori e complementari a quelli propri della posizione di appartenenza, tale che l'assegnazione non sia in contrasto con l'articolo 2013 del codice civile in tema di mansioni del lavoratore.
La sentenza chiarisce alcuni temi di diritto sindacale, con riguardo alla possibilità di sostituire i lavoratori in sciopero. Si tratta di una questione spesso dibattuta nella giurisprudenza, considerata la necessità di contemperare i due opposti interessi del diritto di sciopero da una parte e della libertà di iniziativa economica dall'altra, entrambi costituzionalmente tutelati.
Questa sentenza aderisce all'orientamento più recente (si vedano le sentenze 12811/2009 e 15782/2011) secondo il quale, nel bilanciamento dei due opposti interessi, il diritto di sciopero non può dirsi leso quando il diritto di iniziativa economica sia esercitato senza violare norme poste a tutela dei lavoratori e senza ostacolare la possibilità di aderire allo sciopero, non potendosi negare all'imprenditore di fare uso del suo potere organizzativo per limitare il pregiudizio derivante dall'astensione collettiva.

La sentenza 12551/2018

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