Contenzioso

Indennità per ferie non godute, così l'imputazione temporale del costo

di Salvatore Servidio

Nella fattispecie narrata dall'ordinanza 13 giugno 2018, n. 15457, della Corte di Cassazione, l'ente impositore aveva rettificato la dichiarazione anno 2003 della società contribuente, non riconoscendo vari costi ivi esposti (rateo ferie, provvigioni e affitto box), con conseguente recupero a tassazione delle imposte non versate.
Sia in primo che in secondo grado venne accolta l'opposizione della contribuente, laddove la Commissione tributaria regionale ha ritenuto infondata la pretesa erariale, evidenziando, quanto alle diverse voci di costo, la sussistenza dei requisiti per la deducibilità contestati dall'Ufficio.
Nel susseguente ricorso per Cassazione l'ente impositore assume, in particolare, che la sentenza impugnata abbia ritenuto che il costo rappresentato dalla corresponsione ai dipendenti dei ratei per ferie non godute potesse essere dedotto nell'anno in cui tale dazione era intervenuta, benché lo stesso si riferisse, in parte, a ratei relativi a ferie maturate in un anno diverso, stante il divieto di cui all'art. 75, primo comma, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nella formulazione applicabile ratione temporis (ora art. 109).
Nel decidere la vertenza, la Sezione tributaria aqccoglie il ricorso erariale, affermando il principio che deve ritenersi rigorosamente preclusa in tema di reddito di impresa, ai sensi dell'art. 75 del TUIR, la detrazione di costi in esercizi diversi da quello di competenza, giacchè il contribuente non può essere lasciato arbitro della scelta del periodo in cui registrare le passività. E ciò poiché l'imputazione di un determinato costo ad un esercizio anziché ad un altro ben può comportare l'alterazione dei risultati della dichiarazione, mediante meccanismi di compensazione dei ricavi e dei costi nei singoli esercizi.
A tal fine occorre ricordare che il previgente art. 75 del TUIR, stabiliva al primo comma che i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali specifiche norme non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell'esercizio di competenza, fatta eccezione per quelli di cui non sia ancora certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare, che concorrono a formarlo nell'esercizio in cui si verificano tali condizioni.
Da ciò ne deriva che, in tema di reddito d'impresa, le regole sull'imputazione temporale dei componenti di reddito - inderogabili, sia per il contribuente che per l'ufficio finanziario - seguono il principio di "competenza" economica stabilito in generale dal richiamato art. 75 D.P.R. n. 917/1986, il quale implica che gli elementi reddituali (attivi e passivi) derivanti da una determinata operazione siano iscritti in bilancio, non già con riferimento alla data del pagamento o dell'incasso materiale del corrispettivo, ma nel momento in cui esso perviene a completa maturazione, appunto con l'ultimazione della prestazione (Cass. 17 novembre 2006, n. 24474).
In caso contrario, si finirebbe per lasciare il contribuente arbitro della scelta del periodo più conveniente in cui dichiarare i propri componenti di reddito con innegabili riflessi sulla determinazione del proprio reddito imponibile (cfr. Cass. 15 novembre 2000, n. 14774).
Il costo, perciò, inerisce temporalmente all'esercizio in corso al momento dell'ultimazione della prestazione, indipendentemente dalla data della fatturazione e dall'effettivo pagamento (Cass. 30 luglio 2002, n. 11213), atteso che l'art. 75 TUIR va necessariamente collegato con i principi civilistici di cui all'art. 2423-bis, comma 1, n. 3), cod. civ. secondo cui nella redazione del bilancio, si deve tener conto "dei proventi e degli oneri di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla data di incasso o di pagamento", con il solo limite della certezza di costi o ricavi non ancora determinabili.
Peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha anche stabilito che le regole sull'imputazione temporale dei componenti negativi, ex art. 75 TUIR, per la loro inderogabilità non richiedono né legittimano un qualche giudizio sull'esistenza o meno di un danno erariale, in modo che appare decisamente irrilevante l'eventuale (anche effettiva) insussistenza dello stesso nel caso concreto (cfr. Cass. 6 settembre 2017, n. 20805).
Sulla scorta delle emergenze normative e giurisprudenziali sopra trascorse, con l'ordinanza n. 15457/2018 in esame, la Sezione tributaria conclude affermando che, nel caso di specie, il costo delle ferie non godute va rapportato all'esercizio di competenza, in quanto maturato in quell'esercizio, senza che rilevi il fatto che il contribuente fruisca delle ferie in un periodo diverso, trattandosi di un costo certo nella sua esistenza e determinabile sulla base degli elementi risultanti alla chiusura dell'esercizio, indipendentemente dall'eventuale godimento delle ferie stesse nell'esercizio.
Peraltro è stato stabilito che, in tema di imputazione dei componenti negativi del reddito d'impresa, in assenza di diverse disposizioni specifiche, nel caso di incertezza nell'"an" o di indeterminabilità nel "quantum" di detti componenti, si applica, in deroga al generale principio di competenza, il principio di cassa, secondo cui gli stessi possono essere imputati all'esercizio in cui ne diviene certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare, qualora di tali qualità fossero privi nel corso dell'esercizio di competenza (Cass. 24 maggio 2017, n. 13048).
Pertanto, correttamente rileva la Suprema Corte che il costo del fattore lavoro (nello specifico il costo delle ferie non godute), quando sia certo e determinabile come nella fattispecie, va correlato ai relativi ricavi in forza del principio di competenza, per cui la detrazione di tale costo degli oneri ad esso connessi, deve avvenire nello stesso periodo di imposta al quale sono imputati i ricavi.
In definitiva, é senz'altro ammissibile ai sensi dell'art. 75 del TUIR, come è stato deciso (cfr. Cass. 6 giugno 2007, n. 13224; 15 gennaio 2009, n. 871), la deduzione della indennità sostitutiva di ferie non godute in quanto costo certo nella sua esistenza e determinabile sulla base degli elementi risultanti alla chiusura dell'esercizio, indipendentemente dall'eventuale godimento delle ferie stesse nell'esercizio successivo (nel qual caso si realizzerà una sopravvenienza attiva tassabile ai sensi del previgente art. 55 del D.P.R. n. 917/1986).

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