Contenzioso

La domanda riconvenzionale con eccezione

di Marina Castellaneta

Il giudice di uno Stato Ue è competente a decidere sulla domanda riconvenzionale presentata da un datore di lavoro e fondata su un contratto di cessione di credito concluso con il titolare originario del credito. E questo anche quando il contratto è successivo alla proposizione della domanda principale da parte del lavoratore. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza della causa C-1/17 in cui, per la prima volta, la Corte si è pronunciata sulla nozione di “domanda riconvenzionale” in materia di rapporti di lavoro.

È stata la Corte di appello di Torino, alle prese con una controversia tra un lavoratore italiano, domiciliato in Polonia e il suo ex datore di lavoro, una società di diritto italiano, a rivolgersi agli eurogiudici. Il dipendente era stato distaccato presso una consociata polacca controllata al 100% dall’azienda italiana e poi assunto direttamente dalla società polacca. Licenziato, il lavoratore ha fatto ricorso al tribunale di Torino con richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale. L’azienda italiana ha presentato una domanda riconvenzionale sostenendo che l’uomo aveva percepito rimborsi di spese di trasferta ingiustificati. L’azienda italiana agiva in quanto la consociata polacca le aveva ceduto i propri crediti.

Il tribunale di Torino ha dato ragione al lavoratore e ha dichiarato la propria incompetenza sulla domanda riconvenzionale. La Corte di appello ha chiesto agli eurogiudici un chiarimento sull’articolo 20 del regolamento 44/2001 relativo alla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale sostituito, dal 2015, dal 1215/2012 (con l’articolo 22 analogo al precedente).

Chiarito che le norme sulla competenza giurisdizionale per le controversie relative ai contratti di lavoro stabiliscono, con l’obiettivo di tutelare il contraente più debole, criteri più favorevoli agli interessi dei lavoratori, la Corte ha precisato, tuttavia, che una volta che il dipendente ha avviato il procedimento sulla base di questi criteri, il datore di lavoro può inserirsi nella domanda principale con una riconvenzionale a condizione che sussista un’origine comune delle reciproche pretese.

È vero che il datore di lavoro dovrebbe agire unicamente dinanzi ai giudici dello Stato membro sul cui territorio il dipendente è domiciliato (in questo caso la Polonia) ma, per evitare procedimenti «superflui e molteplici» e privilegiare la competenza di un unico giudice su tutte le pretese delle parti, è ammessa una deroga per le domande riconvenzionali. Anche quelle – scrive la Corte – che sono fondate su un contratto di cessione del credito concluso successivamente alla proposizione della domanda principale da parte del lavoratore. A patto che le pretese reciproche abbiano un’origine comune e che quest’ultima risulti o dal contratto o da una situazione di fatto. In questi limiti è ammessa così una deroga al criterio generale favorevole al lavoratore.

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