Contenzioso

Nell’intermediazione di manodopera l’appaltante è sostituto d’imposta

di Salvatore Servidio

La Corte di cassazione ha stabilito con l' ordinanza 6 luglio 2018, numero 17805, che i prestatori di lavoro occupati in violazione del divieto di intermediazione di manodopera sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'imprenditore appaltante o interponente che ne abbia utilizzato effettivamente le prestazioni. Con tutte le conseguenze su piano fiscale.

Il fatto
L’ordinanza della Corte di cassazione concerne l'impugnazione di un avviso di accertamento per Iva-Irpef anno 2001 e Irap anno 2002, da parte di una Srl – traente origine da un processo verbale di constatazione della Guardia di finanza, che ha riscontrato la violazione della normativa sulla intermediazione di manodopera, in relazione ai lavoratori che operavano presso la Srl, ma risultavano dipendenti di altre società.

La Commissione tributaria regionale rilevava che il giudice di primo grado non aveva valutato la legittimità dell'accertamento in relazione alla «qualificazione del rapporto fra contribuente appaltante e società appaltatrice ovvero valido appalto e o invalida interposizione di manodopera», e ha annullato l'accertamento, trattandosi di intermediazione di manodopera per la quale la contribuente non aveva corrisposto alcuna retribuzione ai lavoratori, dipendenti di altre società, alle quali aveva direttamente pagato le relative fatture. Quanto all'Iva recuperata sui servizi, secondo il giudice d'appello, «essa va ricondotta al soggetto che ha regolarmente pagato dette fatture e le ha annotate nei libri contabili», essendo indimostrata da parte dell'ufficio l'omissione dei relativi adempimenti e trattandosi di prestazioni di servizi, per i quali l'Iva è detraibile.

Nel conseguente ricorso per Cassazione l'ente impositore censura la sentenza impugnata per motivazione incongruente, non avendo il giudice di merito condotto alcuna indagine sulla corretta applicazione dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1960, numero 1369, concernente il divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti di opere e di servizi, in assenza di una verifica sull'esistenza dei contratti di appalto e sulla loro reale esecuzione, e non avendo motivato sulla dedotta fittizietà del contratto di appalto e sull'illecita interposizione di manodopera.

Si deduce altresì violazione dell'articolo 1 della legge 1369/1960, in combinato disposto con l'articolo 23 del Dpr 29 settembre 1973, numero 600 e dell'articolo 19 del Dpr 26 ottobre 1972, numero 633, con riferimento alle attività effettivamente prestate dai lavoratori a favore della contribuente in base ai contratti di appalto formalmente stipulati, trattandosi di lavoro subordinato, in base all’articolo 2126 del codice civile, tra committente e manodopera, estraneo come tale anche al campo di applicazione Iva.

La decisione
Con l'ordinanza 17805/2018, la sezione tributaria, nell'accogliere i motivi del ricorso erariale, ha stabilito che i prestatori di lavoro occupati in violazione del divieto di intermediazione di manodopera sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'imprenditore appaltante o interponente che ne abbia utilizzato effettivamente le prestazioni.

Nel merito occorre considerare che l'articolo 1, ultimo comma, della legge 1369/1960, nel testo vigente ratione temporis, abrogato dall'articolo 85 del Dlgs 10 settembre 2003, numero 276, stabiliva che i prestatori di lavoro, occupati in violazione dei divieti posti dallo stesso articolo, sono considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell'imprenditore che effettivamente abbia utilizzato le loro prestazioni ed al quale incombono, oltre che gli obblighi di trattamento economico e normativo scaturenti dal rapporto di lavoro e gli obblighi in materia di assicurazioni sociali, anche gli obblighi fiscali del datore di lavoro.

Pertanto, secondo la giurisprudenza di legittimità (Cassazione 15 febbraio 2013, numero 3795; 31 maggio 2013, numero 13748; 15 maggio 2015, numero 9982; 28 ottobre 2015, numero 21982), i lavoratori intermediati sono considerati dipendenti dell'imprenditore utilizzatore, con i connessi oneri retributivi, previdenziali e assicurativi, con la conseguenza che a carico del medesimo soggetto, in ragione di detto rapporto, sussistono gli obblighi del sostituto d'imposta, di cui all'articolo 23 del Dpr 600/1973, per le ritenute d'acconto sulle retribuzioni e ciò a prescindere dal fatto che la retribuzione non sia stata materialmente pagata dal committente, ma dall'appaltatore.

In adesione all'indirizzo sopra esposto in materia di intermediazione di mano d'opera, la Suprema corte ha poi maturato l'ulteriore principio secondo cui in tema di divieto d'intermediazione di manodopera, i lavoratori occupati in violazione dell'articolo 1 della legge 1369/1960 sono alle dipendenze dell'appaltante o interponente che ne abbia utilizzato effettivamente le prestazioni, sul quale ricadono, in via esclusiva, gli obblighi retributivi, previdenziali, assicurativi e normativi del datore di lavoro, ivi compresi quelli del sostituto d'imposta per le ritenute d'acconto sulle retribuzioni, sicché la fatturazione di tali prestazioni da parte dell'intermediario non legittima l'appaltante o interponente a detrarre l'Iva relativa (articolo 19, comma 2, del Dpr 633/1972) o a dedurre tali costi ai fini della determinazione del reddito imponibile (ai sensi del previgente articolo 75 del Tuir), mancando alla base un valido rapporto contrattuale con l'intermediario (per tutte Cassazione 17 ottobre 2014, numero 22020 e Cassazione 26 luglio 2017, numero 18476).

Nel caso di specie il giudice d'appello ha, tra l'altro, errato a ritenere che il pagamento dei lavoratori da parte della società presso la quale erano formalmente assunti come dipendenti escludesse la debenza dell'Iva, in quanto la fatturazione delle indicate prestazioni da parte dell'intermediario non legittima l'appaltante o interponente a detrarre l'Iva relativa o a dedurre tali costi ai fini della determinazione del reddito imponibile, mancando l'accertamento dell'esistenza di un valido rapporto contrattuale con l'intermediario.

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