Contenzioso

Tfr liquidabile dal Fondo di garanzia solo se finisce il rapporto di lavoro

di Antonello Orlando


La sentenza 19277/2018 della Corte di cassazione ha preso in esame il ricorso presentato da Inps nei confronti della richiesta di liquidazione del Tfr da parte di una dipendente il cui rapporto aveva seguito due operazioni straordinarie. Infatti la prima cooperativa per cui ha lavorato come subordinata alla fine del 2006 si è fusa per incorporazione in una seconda cooperativa, Onlus sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, mutando così il titolare del rapporto di lavoro.

In questo frangente la lavoratrice ha richiesto al Fondo di garanzia presso l'Inps la liquidazione del proprio Tfr e della retribuzione del dicembre 2007 a norma dell'articolo 2 della legge 297/1982. L'Istituto ha rifiutato l'erogazione anche perché, all'inizio del 2008, la medesima dipendente è passata nell'organico di una terza cooperativa per effetto di cessione del ramo d'azienda in cui si è trovata.

La Corte d'appello di Torino ha accolto le richieste della lavoratrice in quanto i suoi crediti erano stati ammessi al passivo dal liquidatore prima dei termini di prescrizione del diritto alle retribuzioni non corrisposte e al Tfr, non rilevando - secondo i giudici territoriali - che la cooperativa insolvente fosse stata nel frattempo ceduta ad altra società con conseguente passaggio, senza alcuna interruzione del rapporto di lavoro sottostante.

L'interpretazione del primo e secondo livello di giudizio si è incentrata sul tenore letterale della norma, muovendo dal presupposto che, una volta perfezionata l'ammissione al passivo, il diritto del lavoratore si perfezioni a seguito della domanda di accesso al Fondo e Inps non possa rifiutarsi di liquidare le spettanze richieste.

La Corte di cassazione, ricostruendo la normativa nazionale e comunitaria in relazione alle garanzie fornite ai lavoratori dipendenti in riferimento ai propri emolumenti retributivi e di fine rapporto, rintraccia alcuni precedenti giurisprudenziali che difendono le tesi dell'Inps, il quale - già nella circolare 74/2008 - aveva specificato che immancabile presupposto per potere liquidare il trattamento di fine rapporto a carico del Fondo fosse, in diretta relazione all'articolo 2120 del codice civile, la cessazione del rapporto di lavoro.

Tale prerequisito non era in alcun modo ravvisabile nel caso esaminato dalla sentenza in quanto il rapporto di lavoro, per effetto dell'operazione straordinaria di incorporazione prima e di cessione di ramo poi, in base all'articolo 2112 del codice civile, era proseguito senza soluzione di continuità mantenendo l'anzianità di servizio e l'accantonamento del trattamento di fine rapporto maturato, materialmente traslato dal soggetto cedente a quello cessionario e subentrante nella totalità dei rapporti con i lavoratori dipendenti.

Questo orientamento, già presente nella prassi di Inps e in alcune precedenti sentenze di Cassazione (per esempio 19291/2011) ha definitivamente ribadito come, al di là dello stato di solvibilità del datore di lavoro, il trattamento di fine rapporto rimanga non esigibile, anche da parte del Fondo di garanzia, fino alla cessazione del rapporto di lavoro e alla maturazione della sua corresponsione da parte del lavoratore, anche se già ammesso al passivo del precedente datore di lavoro come nel caso specifico.

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