Contenzioso

Il datore non è tenuto a comunicare al lavoratore l’approssimarsi della fine del comporto

di Alberto De Luca e Lucio Portaro

La Sezione Lavoro della Corte di cassazione, con sentenza 17 agosto 2018, n. 20761, è tornata ad occuparsi della fattispecie del licenziamento per superamento del periodo di comporto, confermando il proprio orientamento sui potenziali vizi formali che potrebbero inficiarne la validità.
La pronuncia prende ovviamente le mosse dal giudizio d'impugnazione promosso da un lavoratore contro il licenziamento intimatogli per superamento del periodo di comporto, la cui legittimità era già stata confermata in entrambi i giudizi di merito.
Tra le ragioni poste a fondamento del ricorso, il lavoratore aveva denunciato la falsa applicazione delle norme applicabili, avendo mancato di informare il lavoratore dell'approssimarsi del termine del periodo di comporto, mancanza che gli avrebbe impedito di esercitare il diritto – riconosciuto dalla contrattazione collettiva – di richiedere un periodo di aspettativa non retribuita superato tale termine.
La Cassazione, confermando il proprio orientamento sul punto – invero oggetto di interpretazione non univoca dalla giurisprudenza di merito – ha confermato la legittimità del licenziamento, precisando e ribadendo che non è ipotizzabile un obbligo per il datore di lavoro di segnalare al lavoratore l'imminente scadenza del comporto, ribadendo che un simile onere non sarebbe individuabile estensivamente neppure in base ai principi di correttezza e buona fede.
La Corte ha infatti rilevato come tale tipo di comunicazione ‹‹servirebbe in realtà a consentire al dipendente di porre in essere iniziative, quali richieste di ferie o aspettativa, sostanzialmente elusive dell'accertamento della sua inidoneità ad adempiere l'obbligazione›› ciò essendo sufficiente ad escludere siffatto obbligo di informazione.
Con la pronuncia in commento, la Corte ha colto l'occasione per ribadire il proprio orientamento anche in relazione ad altri profili afferenti il licenziamento per superamento del periodo di comporto.
Infatti, da un lato, i giudici di piazza Cavour hanno sottolineato che anche le domeniche e i giorni festivi non coperti da certificato medico ma compresi tra periodi di malattia distinti vadano computati ai fini del calcolo del comporto, salvo che sia fornita prova dell'effettiva interruzione della malattia in tali giornate; per altro verso, la Corte ha osservato che l'obbligo di comunicare i motivi sottesi al licenziamento contestualmente al recesso, per essere correttamente adempiuto nel caso di licenziamento per comporto, non richiede l'indicazione delle singole assenze (che pur risponderebbe a logiche di adeguata prudenza), ritenendosi sufficiente – come accaduto nel caso di specie – l'indicazione della durata complessiva delle assenze.

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