Contenzioso

Fondo di garanzia Inps anche senza fallimento

di Antonello Orlando

La verifica da parte del tribunale fallimentare dell’assoggettabilità dell’imprenditore alla procedura fallimentare è uno dei presupposti fondamentali per l’intervento del Fondo di garanzia Inps per il pagamento del trattamento di fine rapporto e dei crediti di lavoro ai dipendenti cessati che non lo abbiano regolarmente ricevuto da parte del proprio datore di lavoro.

L’0rdinanza 21734/2018 della Corte di cassazione torna, ancora una volta, sul tema delle condizioni di legittimità per potere accedere al fondo incardinato in Inps che, in base all’articolo 2 della legge 297/1982, interviene nel pagamento del Tfr al posto del datore di lavoro, così come per altre spettanze (retribuzioni fino a un massimale per gli ultimi 3 mesi di lavoro) per effetto degli articoli 1 e 2 del Dlgs 80/1992.

Nel caso specifico, il contenzioso fra un ex dipendente di azienda privata e Inps era fondato sulla legittimità della richiesta di intervento del Fondo nella liquidazione del trattamento di fine rapporto e delle ultime retribuzioni. Richiesta accolta nel primo grado di giudizio, per poi essere respinta dalla Corte di appello di Lecce in seguito a ricorso da parte dell’Inps.

In particolare, il ragionamento che ha portato i giudici a respingere in secondo grado la richiesta del dipendente derivava dal fatto che, non essendo i crediti retributivi a favore della dipendente tali da determinare la dichiarazione di fallimento del datore di lavoro, non si ritenevano sussistenti le condizioni necessarie di intervento del Fondo, chiarite anche da Inps con la circolare 74/2008. L’istituto di previdenza divide in due la platea dei dipendenti ricorrenti al Fondo di garanzia: quelli al servizio di imprenditori assoggettabili alla disciplina fallimentare e quelli alle dipendenze di realtà non soggette al regio decreto 267/1942 (legge fallimentare).

Condizione per potere ricorrere al Fondo diventa la verifica dell’assoggettabilità o meno al fallimento del proprio datore di lavoro insolvente. Sulla scorta di altre sentenze (Cassazione, 7585/2011; 15662/2010), la Suprema corte ha chiarito che il ricorso al Fondo di garanzia è comunque possibile anche quando l’impresa, pur astrattamente soggetta a fallibilità, non sia materialmente assoggettabile a fallimento, nel caso in cui l’azione del creditore si riveli infruttuosa. I giudici del secondo grado di giudizio hanno quindi respinto la richiesta solo perché non sussistevano i presupposti (visto il modesto credito vantato dalla dipendente) per presentare una materiale istanza di fallimento, senza verificare la teorica assoggettabilità a procedura concorsuale accertabile dal tribunale fallimentare.

La corretta interpretazione della norma viene sintetizzata nella massima finale contenuta nella sentenza: «la verifica da parte del tribunale fallimentare all’esito dell’istruttoria prefallimentare della non fallibilità dell’imprenditore ex articolo 15 della legge fallimentare funge da presupposto, unitamente all’insufficienza delle garanzie patrimoniale seguito dell’esperimento della esecuzione forzata per l’intervento dell’Inps-Fondo di Garanzia del Tfr».

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