Contenzioso

Amministratori e soci di società, dalla Cassazione indicazioni per il corretto inquadramento

di Silvano Imbriaci

Al termine di una lunga stagione (durata vari anni) di interpretazioni e ripensamenti giurisprudenziali nell'ambito della spinosa materia riguardante gli obblighi assicurativi dei soci di società, soprattutto nella loro veste anche di amministratori, possiamo dire che finalmente la Cassazione sembra aver trovato un assetto definitivo nella sistemazione della materia, con applicazione di uno schema generale che adatta, con successo, alle varie implicazioni dettate dal caso concreto.

Per quanto riguarda la sempre difficile distinzione tra attività svolta quale amministratore di società e attività all'interno della società che invece dà titolo all'iscrizione nella gestione commercianti, in varie ultime pronunce la sezione lavoro sembra aver affinato un criterio abbastanza preciso, distinguendo tra le varie attività astrattamente possibili, quelle attinenti alla sfera dell'amministrazione (gestione degli aspetti economici e finanziari dell'azienda, la valutazione delle fonti esterne di finanziamento, la gestione dei rapporti con gli istituti di credito, le direttive impartite alla struttura dirigenziale, il controllo qualità, il coordinamento delle attività affidate in appalto, con relativo controllo dei risultati…), da quelle che invece sono riconducibili alla partecipazione al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza (si veda per esempio Cassazione 26221/2018 e 26022/2018).

Vi sono, in altre parole, due distinti livelli: uno relativo a ciò che serve per il funzionamento della società, con i connessi poteri di amministrazione; l'altro relativo alla gestione commerciale, indipendente rispetto alle funzioni di amministrazione. Il primo livello mette in luce l'aspetto imprenditoriale dell'attività, la scelta di indirizzo e quello che ne consegue; il secondo ambito, invece, riguarda ciò che è più vicino allo svolgimento di attività lavorativa abituale all'interno dell'impresa che costituisce l'oggetto della società, sotto un profilo esecutivo, avuto anche riferimento agli altri fattori produttivi dell'azienda.

Certamente la distinzione, in astratto chiara, perde di definizione valutando i fatti concreti; ma ad aiutare il giudice del merito intervengono alcuni criteri, rappresentati, ad esempio, dalla complessità dell'impresa, dall'esistenza di dipendenti e collaboratori, dalla loro qualifica e dalle mansioni (Cassazione 26224/2018). In merito, poi, alla ricorrenza dei requisiti per l'iscrizione del socio alla gestione commercianti, la Cassazione ha da ultimo ribadito che non è sufficiente la sola qualità di socio per l'affermazione dell'obbligo contributivo, occorrendo la verifica della piena responsabilità dell'impresa (a parte il caso dei soci di Srl), con assunzione di oneri e rischi gestionali e la partecipazione al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza (attività, tra l'altro, compatibile con lo status di pensionato: Cassazione 26030/2018).

Il fatto che venga evidenziato l'aspetto esecutivo di tale attività, non toglie comunque che per partecipazione personale al lavoro aziendale debba intendersi non solo lo svolgimento di attività materiale, ma anche di un'attività organizzativa e direttiva, di natura intellettuale, idonea a misurare l'apporto concreto del socio all'attività dell'impresa, all'interno del suo ciclo produttivo (Cassazione 26811/2018). In ogni caso, la partecipazione al lavoro aziendale in modo abituale e prevalente, anche sotto il profilo organizzativo e direttivo, non può mai essere confusa con l'attività di amministratore, che costituisce esercizio di una funzione (con conseguente iscrizione alla gestione separata Inps). L'attività di amministrazione infatti si basa su una relazione di immedesimazione organica o al limite di mandato, con attività di impulso e di rappresentanza finalizzate ad assicurare il funzionamento dell'organismo sociale. Cosa diversa è l'attività lavorativa svolta ai fini della realizzazione in concreto dello scopo sociale, attraverso il concorso con l'attività lavorativa degli altri fattori produttivi.

Con riferimento, infine, ai requisiti di abitualità e prevalenza, la Cassazione ribadisce il superamento della rigidità che caratterizzava la tesi delle sezioni unite (3240/2010) in merito alla necessaria prevalenza rispetto agli altri fattori produttivi all'interno dell'impresa. La più recente giurisprudenza della Cassazione, infatti, rielabora i requisiti congiunti di abitualità e prevalenza necessari per l'iscrizione alla gestione con riferimento a un criterio non predeterminato di tempo e di reddito da accertarsi in senso relativo e soggettivo; ossia facendo riferimento alle attività lavorative espletate dal soggetto considerato in seno alla stessa attività aziendale costituente l'oggetto sociale della società (ovviamente al netto dell'attività esercitata in quanto amministratore); e non già comparativamente con riferimento a tutti gli altri fattori produttivi (naturali, materiali e personali) dell'impresa (Cassazione 8474/2017).

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