Contenzioso

Il concetto di attività produttiva autonoma ai fini della corretta applicazione delle tariffe Inail

di Silvano Imbriaci

Ai fini del corretto inquadramento Inail per la determinazione delle tariffe applicabili, la dislocazione di un'attività di deposito e magazzinaggio in uno stabilimento diverso da quello dove si svolge l'attività produttiva non costituisce di per sé motivo per considerarla attività autonoma.

È questo il principio espresso dalla Sezione Lavoro (n. 27106/2018) in una vicenda riguardante la classificazione, operata dall'Inail , dell'attività di deposito e magazzinaggio come complementare e sussidiaria ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 del Dm 12 dicembre 2000. Tale norma prevede il concetto di lavorazioni e stabilisce che, agli effetti delle tariffe, per lavorazione si intende il ciclo di operazioni necessario perché sia realizzato quanto in esse descritto, comprese le operazioni complementari e sussidiarie, purché svolte dallo stesso datore di lavoro e in connessione operativa con l'attività principale, anche se siano effettuate in luoghi diversi. Dal momento che nella precedente indicazione contenuta nell'art. 2 del Dm del 1988 era contenuta l'espressa indicazione delle attività di deposito e magazzinaggio come complementari e sussidiarie, l'azienda aveva ritenuto che lo svolgimento di detta attività in uno stabilimento diverso, vista la nuova indicazione del Dm del 2000, di per sé connotava questa attività come autonoma, sia pure all'interno di una dimensione organizzativa complessa (art. 6 del Dm del 2000, secondo cui «se un datore di lavoro esercita un'attività complessa, articolata in più lavorazioni espressamente previste dalla tariffa della relativa gestione, la classificazione delle lavorazioni è effettuata applicando, per ciascuna lavorazione, la corrispondente voce di tariffa») ma con applicazione di tariffe diverse e non collegate a quelle previste per l'attività principale.

La Cassazione è di diverso avviso. Perché sia considerata autonoma, l'attività di deposito deve essere effettuata in via realmente autonoma, ossia senza alcuna connessione operativa e funzionale con l'attività produttiva. Quando invece siano presenti le tracce di questa connessione, l'attività è naturalmente accessoria, anche se effettuata in stabilimenti diversi, e rientra quindi nella stessa voce tariffaria dell'attività principale. Non rileva, sul punto, neanche il fatto che la nuova previsione normativa di cui all'art. 4 cit., non preveda più espressamente l'attività di deposito e di magazzinaggio tra quelle complementari. Infatti, anche a prescindere dal fatto che da una semplice esclusione non può ricavarsi una regola positiva di diritto, l'omessa indicazione nel nuovo testo riguarda anche altre attività sulla cui natura accessoria non è possibile dubitare, quali il trasporto, la custodia, la produzione di contenitori. Costituiscono in particolare lavorazioni complementari e sussidiarie quelle attività concorrenti e connesse in senso tecnico alla lavorazione principale e indispensabili per effettuare la lavorazione principale; e inoltre quelle lavorazioni anche solo indirettamente legate al ciclo produttivo che, pur concorrendo alla realizzazione dell'attività fondamentale, e dell'interesse aziendale, realizzano un prodotto o effettuano un servizio caratterizzati da un proprio rischio specifico. La connessione operativa delle lavorazioni complementari o sussidiarie con l'attività principale, se non richiede una connessione topografica, non può prescindere, secondo la Corte, dalla correlazione tecnica e funzionale: deve trattarsi cioè di lavorazioni tali da consentire una migliore realizzazione delle finalità aziendali. In ogni caso, il fatto che l'attività connessa si svolga in uno stabilimento diverso da quello dove si svolge l'attività produttiva costituisce un dato irrilevante ai fini della nozione di autonomia della lavorazione, anche perché la norma attribuisce rilievo anche all'attività accessoria effettuata in luoghi diversi.

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