Contenzioso

Regole per il pensionamento modificabili con ragionevolezza

di Matteo Prioschi


È legittima la decisione con cui la Cassa di previdenza ed assistenza dei ragionieri e dei periti commerciali nel 2003 ha introdotto dei coefficienti di neutralizzazione sulla quota retributiva della pensione, con la conseguenza che l'importo dell'assegno risulta parametrato all'età. Con la sentenza 28253/2018, depositata ieri, la Corte di cassazione ribadisce un orientamento espresso qualche mese fa con la sentenza 20877/2018, sempre riferita alla Cassa dei ragionieri.

Nel 2003, in occasione di una revisione del meccanismo e dei criteri di pensionamento, la Cassa ha stabilito che la quota retributiva della pensione di anzianità sia calcolata applicando dei coefficienti di neutralizzazione, per cui l'importo erogato risulta più basso per chi si pensiona a 57 anni di età, mentre raggiunge il massimo a 64 anni. Questa decisione è contestuale all'introduzione della cumulabilità tra pensione e redditi di lavoro, prima non possibile per i pensionati della Cassa.

Come già affermato nella sentenza 20877/2018, la doppia decisione risulta legittima innanzitutto perché gli enti di previdenza dei professionisti sono dotati di autonomia e quindi possono recepire le disposizioni normative (nel dettaglio la cumulabilità) tenendo conto delle loro esigenze. E in questo caso è stata prevista una sorta di bilanciamento tra la possibilità di continuare a lavorare una volta pensionati e l'importo della pensione per chi vi accede in età relativamente ridotta. Decisione motivata dal fatto che la cumulabilità determina un aumento del numero di pensionati, ma al contempo la Cassa deve garantire la sostenibilità finanziaria di lungo periodo tra entrate e uscite.

La sentenza depositata ieri, però, contiene anche alcune valutazioni sulle aspettative dei lavoratori rispetto alla pensione futura. «Si deve in generale ritenere che la posizione previdenziale – scrivono i giudici – non comporti di tempo in tempo la maturazione di diritti soggettivi, ma esprima una (tutelata) aspettativa rispetto all'utilizzabilità di quanto versato quale presupposto per il futuro accesso a pensione». La regola del pro rata, a cui le Casse dovevano fare riferimento nel passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, «è una delle forme di più forte salvaguardia di quell'aspettativa… ma non costituisce principio destinato ad incidere sempre e comunque su qualsiasi evoluzione dei sistemi pensionistici».

Inoltre, sottolinea la Cassazione, l'articolo 38 della Costituzione prevede un diritto alla pensione «ma non, rigidamente e senza distinzioni, alla misura pronosticata di esso» perché si deve tener conto della necessità di modificare nel tempo il sistema pensionistico e garantire gli equilibri finanziari «intrinseci al funzionamento dei diritti sociali e il cui rispetto è espressione dell'ancor più basilare principio di solidarietà di cui all'articolo 2 della Costituzione, destinato a manifestarsi attraverso la sostenibilità nel tempo dei costi e la salvaguardia degli equilibri intergenerazionali».

La futura pensione è una «situazione di aspettativa» e non un diritto già acquisito e quindi modificare le regole per la maturazione della pensione e il suo importo non va a incidere su una prestazione patrimoniale ma su una prestazione attesa. Poiché la pensione è una aspettativa «da ritenere tutelata» la modifica delle relative norme deve comunque avvenire nel rispetto di regole. Nel caso specifico, quella del pro rata, ma più in generale nel rispetto del principio di ragionevolezza.

Secondo la Suprema corte, la Cassa si è mossa sia rispettando il principio del pro rata, sia quello di ragionevolezza «ove si consideri che quella del pensionamento per anzianità è una scelta per la quale l'interessato può decidere di optare oppure no (mentre il diritto a pensione è comunque garantito dalla pensione di vecchiaia), come anche può decidere di calibrare la scelta pensionistica in ragione dell'opportunità data dallo scalare delle percentuali di abbattimento al trascorrere degli anni».

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