Contenzioso

Esentasse il risarcimento da «perdita di chance»

di Salvatore Servidio

La Corte di cassazione afferma che il lavoratore non deve pagare l'Irpef su quanto ha incassato a titolo di perdita di chance in quanto il diritto al risarcimento del danno, connesso alla "perdita di chance", non ha natura reddituale poiché consiste nel ristoro del danno emergente dalla perdita di una possibilità attuale.


Il fatto
Il caso trattato dalla Corte di cassazione con l'ordinanza 7 febbraio 2019, n. 3632, attiene ad una controversia avente ad oggetto l'impugnativa del silenzio rifiuto dell'istanza di rimborso dell'Irpef versata da un lavoratore su somme ricevute dalla banca datrice di lavoro a titolo di risarcimento del danno, a causa della perdita di chance conseguente ad irregolarità verificatesi nello svolgimento di un concorso interno per la promozione a funzionario.
All'esito favorevole al contribuente in primo grado, la Commissione tributaria regionale ha accolto invece il gravame dell'Ufficio, basandosi sull'assunto che la perdita di chance costituisce un'ipotesi di "lucro cessante" per il danno patrimoniale futuro e pertanto rientra nella previsione dell'articolo 6, comma 2, del Dpr 22 dicembre 1986, n. 917, secondo cui le indennità, anche a titolo risarcitorio, conseguite in sostituzione di redditi, costituiscono redditi della stessa categoria e vanno assoggettate a tassazione.
Nel conseguente ricorso per cassazione, il contribuente, denunciando violazione della citata norma del Tuir, ha sostenuto che il danno da perdita di chance - come rilevato nella correlata sentenza del giudice del lavoro – costituisce «danno emergente» e non «lucro cessante»; come tale, esso è risarcibile a prescindere da un pregiudizio patrimoniale futuro, non ha natura reddituale e non è assoggettabile a tassazione.

La perdita di chance
Si premette che la perdita di chance – in linea generale - è una forma di danno che può essere definita come occasione favorevole di conseguire un risultato vantaggioso, sotto il profilo dell'incremento di un'utilità o della sua mancata diminuzione, diversa dalla mera aspettativa di fatto. Essa è risarcibile indipendentemente dalla dimostrazione che la concreta utilizzazione della chance avrebbe presuntivamente o probabilmente determinato la consecuzione del vantaggio: risulta infatti sufficiente anche la sola possibilità di tale consecuzione; la sua idoneità a determinare presuntivamente o probabilmente ovvero solo possibilmente la conseguenza è invece rilevante unicamente ai fini della concreta individuazione e quantificazione del danno, da effettuarsi eventualmente in via equitativa ex articolo 1226 del Codice civile.

La decisione della Cassazione
Con la pronuncia n. 3632/2019 in esame, la Sezione tributaria ha però aderito alle ragioni del dipendente/contribuente, affermando il principio che non sono imponibili le somme riconosciute al lavoratore, a titolo di risarcimento del danno, a causa della perdita di chance lavorative conseguente ad irregolarità verificatesi nello svolgimento di un concorso interno.
Nel merito, la Cassazione esordisce argomentando che l'articolo 6, comma 2, del Tuir, si configura come disposizione avente portata generale, applicabile a tutti i casi di indennità, anche risarcitorie, sostitutive della retribuzione.
In aggiunta, richiamando un precedente orientamento (Cass. 29 dicembre 2011, n. 29579), il giudice di legittimità chiarisce che le somme percepite a titolo di risarcimento sono imponibili se, e nei limiti in cui, risultino destinate a reintegrare il danno derivante dalla mancata percezione dei redditi, mentre non costituiscono reddito imponibile nell'ipotesi in cui esse tendano a riparare un pregiudizio di natura diversa.
In applicazione di tale principio, si è ritenuto che non sono imponibili le somme corrisposte al lavoratore a titolo di risarcimento per la perdita di chance. La differenza di stipendio non ha natura reddituale. Infatti, la perdita di chance, consistente nella privazione della possibilità di sviluppi o progressioni nell'attività lavorativa, costituisce un danno patrimoniale risarcibile, qualora sussista un pregiudizio certo (anche se non nel suo ammontare) consistente non in un lucro cessante, bensì nel danno emergente da perdita di una possibilità attuale; ne consegue che la chance è anch'essa una entità patrimoniale giuridicamente ed economicamente valutabile, la cui perdita produce un danno attuale e risarcibile, qualora si accerti, anche utilizzando elementi presuntivi, la ragionevole probabilità della esistenza di detta chance intesa come attitudine attuale (Cass. 21 luglio 2003, n. 11322).

La giurisprudenza del lavoro
Occorre rilevare al riguardo che la Sezione lavoro della Cassazione (si veda, tra le altre, la sentenza 1° marzo 2013, n. 5138) ha argomentato che non è sufficiente la mancata ammissione a un concorso per configurare la perdita di chance del lavoratore infortunato,ma è necessario provare la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita del datore.
In particolare, nei rapporti di lavoro, la chance consiste nella mera possibilità per il lavoratore di conseguire un risultato favorevole ed è connesso alla condotta lesiva del datore di lavoro.
Quanto alla prova della sua sussistenza, il preteso creditore ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta; ossia, al fine di ottenere il risarcimento per la perdita di una chance, è necessario che il danneggiato dimostri la sussistenza di un valido nesso causale tra il danno e la ragionevole probabilità della verificazione futura del danno stesso e provi, quindi, la realizzazione in concreto di almeno di uno dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza diretta ed immediata (cfr. Cass., Sez. lav., 8 ottobre 2007, n. 21014).
Non sussiste danno per perdita di chance quando la probabilità è pari a zero e, parimenti, quando la probabilità è pari al 100%, perché in questo caso il danno viene ad identificarsi con il danno da perdita del risultato. Ricorre viceversa tale tipo di danno nell'ipotesi in cui il lavoratore abbia concreti margini di raggiungimento del risultato sperato.
Inoltre, la sentenza n. 2293 del 30 gennaio 2018, ha affermato che il dirigente ha diritto al risarcimento per perdita di chance se l'azienda non gli ha assegnato gli obiettivi da raggiungere. Il danno, di natura patrimoniale, non consiste nella perdita di un vantaggio economico ma nella mera possibilità di conseguirlo secondo una valutazione da compiere ex ante.

Conclusioni
Emerge dunque da quanto esposto come il risarcimento del danno connesso alla perdita di chance non abbia natura reddituale poiché consiste nel ristoro del danno emergente dalla perdita di una possibilità attuale.
Rientra in tale casistica, si legge nella motivazione dell'ordinanza n. 3632/2019 in esame, anche il risarcimento in discorso, riguardante la perdita di possibilità conseguente ad irregolarità verificatisi nello svolgimento di un concorso interno per la promozione a funzionario.
Il giudice del lavoro – che ha trattato a monte la questione - ha riconosciuto al lavoratore ora ricorrente il risarcimento del danno emergente (consistente appunto nella perdita delle possibilità ricollegate complessivamente alla progressione di carriera) e, per la quantificazione dell'importo dovuto, ha fatto ricorso al criterio di valutazione equitativa con riferimento al maggior stipendio non conseguito.
Ma il criterio adottato dal giudice del lavoro, sottolinea la Suprema Corte, rileva ai soli fini della determinazione del quantum e non è idoneo a mutare il titolo delle somme ricevute da ristoro da danno emergente in ristoro da lucro cessante.
L'indennità conseguita non è pertanto riconducibile tra quelle previste dall'art. 6, comma 2, del Tuir, non avendo natura sostitutiva di un reddito non percepito e non ha quindi natura reddituale.

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