Contenzioso

La conciliazione esclude sempre la decadenza breve

di Angelo Zambelli

Con la sentenza n. 6547 del 6 marzo 2019, la Corte di cassazione ha ribadito il proprio orientamento in merito ai termini di decadenza per l’impugnazione del licenziamento nella particolare ipotesi di attivazione della procedura facoltativa di conciliazione prevista dall’articolo 410 del Codice di procedura civile. Nel caso di specie, la Corte d’appello di Venezia, riformando la sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Treviso, accoglieva il reclamo proposto da una lavoratrice che aveva visto dichiarare la propria decadenza dall’impugnazione giudiziale ai sensi dell’articolo 6, comma 2, della legge n. 604/1966.

Il Tribunale, infatti, aveva ritenuto che il termine decadenziale di 60 giorni previsto dalla norma sopra citata trovasse applicazione non solo nell’ipotesi di rifiuto di una delle parti all’attivazione del procedimento ex articolo 410 del Codice di procedura civile, ma altresì nel caso di mancato accordo a seguito dell’esperimento dello stesso.

La società impugnava la sentenza davanti alla Cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’articolo 6, comma 2, della legge n. 604/66, nonché dell’articolo 410, comma 2 del Codice di procedura civile. I giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso promosso dalla società e – nel richiamare il proprio precedente del 1° giugno 2018 n. 14108 - hanno ribadito che il termine di decadenza “breve” di 60 giorni decorre solo nei casi di rifiuto allo svolgimento della procedura di conciliazione o di mancato accordo per l’espletamento dell’arbitrato, non invece nell’ipotesi in cui – come nella fattispecie esaminata - la procedura di conciliazione sia stata accettata ma poi abbia avuto un esito negativo.

Pertanto la Cassazione, rammentando «il fondamentale diritto di azione costituzionalmente garantito ed il principio di stretta interpretazione delle norme aventi ad oggetto decadenze sostanziali», ha negato la possibilità di estendere il termine decadenziale di 60 giorni a fattispecie ulteriori rispetto a quelle espressamente indicate nell’articolo 6, comma 2, della legge n. 604/66.

Con la pronuncia in commento, la Corte ha altresì precisato che nell’ipotesi di attivazione e svolgimento della procedura di conciliazione conclusasi con un mancato accordo, trova applicazione l’articolo 410, comma 2, del Codice di procedura civile, il quale,– derogando all’articolo 2964 del Codice civile - prevede la sospensione del decorso dell’originario termine di 180 giorni per tutta la durata del tentativo di conciliazione e per i 20 giorni successivi.

Ne consegue che qualora il lavoratore, dopo aver impugnato stragiudizialmente il licenziamento, promuova il tentativo di conciliazione e questo, accettato dal datore di lavoro, si concluda con esito negativo, il termine di 180 giorni rimarrà sospeso a far data dall’attivazione della procedura ex articolo 410 del Codice di procedura civile e ricomincerà a decorrere per il tempo residuo dopo 20 giorni dal mancato accordo.

Alla luce delle due pronunce rese dalla Cassazione a pochi mesi di distanza l’una dall’altra può ritenersi ormai chiara e pacifica l’interpretazione da attribuire all’impianto decadenziale “costruito” dal legislatore per l’impugnazione del licenziamento.

La sentenza n. 6547/19 della Corte di cassazione

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