Contenzioso

Rifiuto del datore alla conciliazione, 60 giorni per agire

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

La Corte di cassazione mette ordine sul doppio regime di decadenza, stragiudiziale e giudiziale, per l’impugnazione dei licenziamenti, dando una chiara soluzione alle diverse casistiche che si possono presentare nel caso in cui il lavoratore, prima del ricorso al giudice, promuova un tentativo di conciliazione e arbitrato.

In base alla legge (articolo 32, comma 1, della legge 183/2010 e articolo 6 della legge n. 604/1966), a fronte di un licenziamento illegittimo, il lavoratore è tenuto a manifestare entro 60 giorni con atto scritto la propria impugnazione e, quindi, a depositare entro i successivi 180 giorni il ricorso al giudice del lavoro, oppure a promuovere nello stesso termine il tentativo di conciliazione e arbitrato. In quest’ultima ipotesi, se il tentativo di conciliazione e arbitrato sia rifiutato dalla controparte o non sia raggiunto un accordo in merito al suo svolgimento, la parte ha 60 giorni per il deposito del ricorso in Tribunale.

Su questa disciplina si inserisce l’articolo 410, comma 2 del Codice di procedura civile, in base al quale la richiesta di effettuare il tentativo di conciliazione e arbitrato sospende il decorso di ogni termine di decadenza per la durata del tentativo di conciliazione e per i 20 giorni successivi.

Sulla scorta di questa complessiva regolamentazione, la Corte di cassazione (sentenza 8026/2018) individua e risolve i diversi casi in cui, a seguito della richiesta del lavoratore di un tentativo di componimento stragiudiziale, la procedura di conciliazione e arbitrato pervenga ad un esito negativo.

Se la procedura promossa dal lavoratore è accettata dal datore, ma si conclude con un mancato accordo (primo caso), il termine di 60 giorni non opera.

Resta efficace unicamente l’originario termine di 180 giorni, al quale si aggiunge il periodo di sospensione dei 20 giorni previsto dal Codice di procedura civile.

Se, invece, il datore di lavoro rifiuta esplicitamente la richiesta di conciliazione e arbitrato promossa dal lavoratore (secondo caso), si applica il termine successivo di 60 giorni per il deposito del ricorso al giudice del lavoro, ma non quello di 20 giorni di sospensione del termine di decadenza (vanificato dall’immediato “niet” datoriale alla procedura stragiudiziale).

Infine, qualora la controparte non abbia depositato la propria memoria di difesa nei 20 giorni dalla richiesta di attivare il tentativo di conciliazione e arbitrato (terzo caso), si devono conteggiare sia il termine di sospensione di 20 giorni, il cui spirare costituisce evento significativo di non accettazione della procedura, sia il successivo termine di 60 giorni per il deposito del ricorso in Tribunale.

Così ricostruito il quadro normativo che si può presentare nelle differenti ipotesi di rifiuto o di esito negativo della procedura di componimento stragiudiziale della lite, la Corte di cassazione esprime il principio per cui, qualora alla richiesta del lavoratore di svolgere il tentativo di conciliazione e arbitrato consegua il mancato accordo al suo svolgimento per effetto dell’inerzia del datore protrattasi per tutto il termine di sospensione di 20 giorni, residuano ulteriori 60 giorni per attivare il giudizio in Tribunale.

Corte di cassazione – Sentenza 8026/2019

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