Contenzioso

Assenze dal lavoro, i premi vanno rapportati alla retribuzione contributiva

di Valeria Zeppilli

Da diversi anni la Corte di cassazione ha consolidato un orientamento in tema di retribuzione da assumere come base di calcolo per i contributi previdenziali che è stato sancito dalle Sezioni Unite con la sentenza numero 11199/2002 e che di recente è stato riaffermato anche con la sentenza 15120/2019. In particolare, la questione rispetto alla quale la Corte ha preso una netta posizione riguarda le ipotesi di assenze dal lavoro non contrattualmente giustificate, che non esonerano il datore di lavoro dal pagamento del premio sulla retribuzione contributiva.

Per i giudici, più nel dettaglio, l'importo della retribuzione sulla quale calcolare, in tali ipotesi, i contributi previdenziali non può essere inferiore al cd. minimale contributivo, ovverosia all'importo della retribuzione che sarebbe dovuta ai lavoratori di un determinato settore se fossero applicati i contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale. Tale regola trova il suo fondamento nel fatto che il rapporto contributivo deve ritenersi indipendente e autonomo rispetto alle vicende che interessano l'obbligazione contributiva, con la conseguenza che l'obbligo contributivo può essere calcolato anche prendendo in considerazione un importo che supera quello effettivamente corrisposto dal datore di lavoro.

Con la recente pronuncia, la Corte di cassazione è andata anche oltre, precisando altresì che il principio del minimale riguarda non solo l'ammontare della retribuzione contributiva ma anche l'orario di lavoro da prendere come parametro, che deve coincidere con quello normale stabilito dalla contrattazione collettiva o dal contratto individuale, se superiore. Del resto, nel caso in cui i lavoratori ricevano una retribuzione per un numero di ore inferiore rispetto a quello coincidente con il normale orario di lavoro, se la contribuzione fosse calcolata su tale retribuzione, non sarebbe rispettato il minimo contributivo.

Il caso deciso dalla sentenza numero 15120/2019 aveva come oggetto un verbale di accertamento con il quale l'Inail aveva contestato a un datore di lavoro l'omesso versamento di premi rapportati alle retribuzioni relative ai periodi in cui alcuni suoi dipendenti si erano assentati per cause diverse da ferie, malattia e altre ipotesi di sospensione dell'attività lavorativa previste dalla legge e dal contratto collettivo. Il datore di lavoro aveva quindi impugnato tale verbale di accertamento, vedendo inizialmente accolte le sue pretese da parte del Tribunale competente. Ma la Corte d'appello prima e la Corte di cassazione poi si sono distaccate dalla decisione di primo grado: anche in caso di assenze non contrattualmente giustificate, il datore di lavoro deve pagare il premio sulla retribuzione contributiva, che resta insensibile alla retribuzione effettivamente erogata a meno che questa non sia superiore.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©