Contenzioso

Per la Cassazione il tempo-tuta degli infermieri va sempre retribuito

di Angelina Turco

Il tempo impiegato dagli infermieri di una Asl per indossare e dismettere la divisa (camice e mascherina protettiva), dà diritto alla retribuzione trattandosi di attività obbligatoria, accessoria e propedeutica alla prestazione di lavoro. È quanto stabilito dalla Corte di cassazione con ordinanza 1° luglio 2019, n. 17635, che conferma quanto stabilito dalle precedenti decisioni di merito.
La sentenza condivide le argomentazioni della Corte di appello e dà continuità ai precedenti specifici della Cassazione, nei quali è stato affermato che, per il lavoro all'interno delle strutture sanitarie, l'attività di vestizione/svestizione:
- attiene a comportamenti integrativi della obbligazione principale e funzionali al corretto espletamento dei doveri di diligenza preparatoria;
- non è svolta nell'interesse dell'Azienda ma dell'igiene pubblica e, come tale, deve ritenersi implicitamente autorizzata da parte dell'Azienda stessa;
- anche nel silenzio della contrattazione collettiva integrativa dà diritto alla retribuzione, essendo tale obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico, sia la stessa incolumità del personale addetto (Cass. n. 3901/2019; n. 12935/2018; n. 27799/2017).
Il principio generale secondo cui, nel rapporto di lavoro subordinato, il tempo necessario a indossare l'abbigliamento di servizio (cosiddetto "tempo-tuta") «costituisce tempo di lavoro soltanto ove qualificato da eterodirezione, in difetto della quale l'attività di vestizione rientra nella diligenza preparatoria inclusa nell'obbligazione principale del lavoratore e non dà titolo ad autonomo corrispettivo» (Cass. n. 9215/2012; Sez. Unite, n. 11828/2013), è declinato, nella fattispecie in esame, nel più recente orientamento giurisprudenziale che pone l'accento sulla funzione assegnata all'abbigliamento, nel senso che «l'eterodirezione può derivare dall'esplicita disciplina d'impresa, ma anche risultare implicitamente dalla natura degli indumenti quando gli stessi siano diversi da quelli utilizzati, o utilizzabili secondo un criterio di normalità sociale dell'abbigliamento - o dalla specifica funzione che devono assolvere e così dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto» (Cass. n. 7738/2018; n. 1352/2016).
La Corte di cassazione abbraccia quindi l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, saldamente ancorato al riconoscimento del "tempo-tuta" degli infermieri come rientrante nell'orario di lavoro e da retribuire autonomamente, qualora sia stata effettuata prima dell'inizio e dopo la fine del turno.

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