Contenzioso

Niente Inps per l’attività con Albo

di Rosario Dolce

La Corte di appello di Palermo, con sentenza pubblicata l’11 luglio, si contrappone alla Cassazione (tra le altre, sentenze 30344 e 30345 del 2017) in tema di iscrizione alla gestione separata Inps da parte di iscritti a un Albo professionale che oltre all’attività dipendente ne svolgono una autonoma.

La motivazione offerta al riguardo, da parte della Corte siciliana, ruota intorno a due questioni pregiudiziali: da una parte la valenza da attribuire ad una norma di interpretazione autentica e, dall'altra, il valore da ascrivere al contributo integrativo, rispetto a quello di natura soggettiva, laddove previsto dalle casse professionali.

L’Inps ha sempre legittimato l'imposizione contributiva nei confronti dei professionisti iscritti a un ordine (o meglio facenti riferimento ad un proprio ente previdenziale), assumendo a fondamento della propria tesi il dettato normativo dell'articolo 2, comma 26, della legge 335/1995 e la sopravvenuta norma di interpretazione autentica introdotta dall'articolo 18, comma 12, del Dl 98/2011. Secondo l'Inps tale disposizione confermerebbe che sono tenuti alla iscrizione nella gestione separata anche tutti coloro che, pur svolgendo attività iscrivibili ad appositi Albi professionali, non siano tenuti al versamento del contributo soggettivo presso le Casse di previdenza di appartenenza, ovvero abbiano esercitato eventuali facoltà di non versamento/iscrizione, in base alle previsioni dei rispettivi statuti o regolamenti.

Secondo i giudici di merito, tuttavia, tale interpretazione è illegittima e non sarebbe in grado cogliere nel segno. La norma di interpretazione autentica è tale – così soggiungono i giudici palermitani - perché ha natura solo chiarificatrice ma non innovativa della norma interpretata. La tesi dell'Inps, invece, tende ad estendere l'ambito di applicazione dell'articolo 2, comma 26, anche a casi per i quali la Cassa di previdenza, nell'esercizio della propria autonomia (si veda Corte costituzionale 254/2016), abbia esonerato l'iscritto, alle condizioni date, dal versamento del contributo soggettivo così conglobando anche fattispecie chiaramente non regolate dalla norma interpretata siccome attratte nell'ambito normato dal precedente comma 25 e dai successivi decreti delegati, afferendo a una tutela previdenziale per la quale la legge ha individuato come competente le Casse di previdenza privata.

Sul piano lessicale, inoltre, la utilizzazione della congiunzione “ovvero”, preceduta dalla virgola nel testo normativo viene assunta dai giudici di merito con valore disgiuntivo: nel senso che, secondo costoro, con tale accezione la legge ha inteso dire che non sono tenuti a iscriversi alla gestione separata coloro che, per svolgere la loro attività, devono essere iscritti ad appositi Albi oppure coloro la cui attività non sia priva di collegamento con un ente previdenziale di categoria e ciò in assoluta coerenza con la natura “residuale” della gestione separata dell'Inps che è volta ad attribuire tutela previdenziale a categorie di lavoratori autonomi che ne sono prive.

In altri termini, il non assoggettamento dei redditi dei professionisti iscritti a un Albo al versamento del contributo soggettivo è l'effetto della specifica disciplina previdenziale che, prima della riforma attuata con la legge 247/2012, attribuiva alla Cassa, in base alle determinazioni del comitato dei delegati (articolo 22 della legge 576/1980), la facoltà di esonerare temporaneamente dall'obbligo di iscrizione e conseguente versamento del contributo soggettivo i professionisti.

I giudici palermitani rilevano, inoltre, che il contributo integrativo versato dai professionisti alle proprie casse di appartenenza, stante le previsioni del regolamento interno – per come adottato, a suo tempo - deve considerarsi un contributo previdenziale a tutti gli effetti, attesa la sua obbligatorietà e la sua funzione “solidaristica” (come stabilito dalla risoluzione del ninistero delle Finanze numero 109 dell'11 luglio 1996 e dalle risoluzioni dell'agenzia delle Entrate numero 69 del 18 maggio 2009 e numero 25 del 3 marzo 2011).

Del resto, la stessa norma di interpretazione autentica contenuta nell’articolo 18 del Dl 98/2011 richiama i “contributi” senza alcuna differenziazione tra contributi integrativi e soggettivi, talché non può l'interprete – ergo, l'Inps autonomamente - introdurre una limitazione (al solo contributo soggettivo) non contemplata dal legislatore e che appare anche smentita dal raffronto sistematico con il precedente comma 11 della stessa disposizione che, prevedendo l'obbligo contributivo dei pensionati, ha fatto espressa indicazione del contributo soggettivo.

Infine, va annoverata la chiosa finale con cui la Corte d’appello ha inteso concludere il proprio iter argomentativo, ivi rammentando che: «non ignora questa Corte, come sopra anticipato, le pronunce della Corte di cassazione 30344/17 e 30345/17, quelle successive numero 32167 del 2018 e 3799 del 2019 confermative delle prime, tuttavia ritiene che le argomentazioni ivi espresse non giustifichino la revisione del proprio orientamento».

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