Contenzioso

La mancata comunicazione dello stato di detenzione è giusta causa di licenziamento

di Angelina Turco

La mancata comunicazione da parte del lavoratore del proprio stato di detenzione è giusta causa di licenziamento. Lo afferma la Cassazione, con sentenza del 7 ottobre 2019, numero 24976.

La Corte d'appello, riformando la sentenza di primo grado, ha dichiarato legittimo il licenziamento per giusta causa disposto nei confronti di un lavoratore che, arrestato per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, ha comunicato al datore di lavoro il proprio stato di privazione della libertà personale 14 giorni dopo l'arresto.

La Corte di appello ha ritenuto «che l'avere taciuto per ben 14 giorni di assenza dal lavoro…il proprio stato di detenzione costituisse violazione degli obblighi di correttezza e buona fede che incombono sul dipendente nell'esecuzione del rapporto, e che detta condotta, imponendo un giudizio prognostico negativo circa la correttezza del futuro adempimento, fosse di gravità tale da giustificare il recesso del datore di lavoro».

La Cassazione sposa le conclusioni della Corte di appello e conferma il consolidato orientamento per il quale «il giudizio di proporzionalità tra fatto addebitato al lavoratore e licenziamento disciplinare non va effettuato in astratto, bensì con specifico riferimento a tutte le circostanze del caso concreto, all'entità della mancanza (considerata non solo da un punto di vista oggettivo, ma anche nella sua portata soggettiva e in relazione al contesto in cui essa è stata posta in essere), ai moventi, all'intensità dell'elemento intenzionale e al grado di quello colposo» (tra le tante, Cassazione 4881/1998).

A conferma della correttezza del licenziamento del lavoratore la Cassazione richiama l'altrettanto consolidato orientamento per il quale, in tema di procedimento disciplinare, «il giudizio di proporzionalità tra violazione contestata e provvedimento adottato si sostanzia nella valutazione della gravità dell'inadempimento del lavoratore e dell'adeguatezza della sanzione, tutte questioni di merito che, ove risolte dal giudice di appello con apprezzamento in fatto adeguatamente giustificato con motivazione esauriente e completa, si sottraggono al riesame in sede di legittimità» (tra le tante, Cassazione 7948/2011 e 8293/2012).

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