Contenzioso

Rischia il posto chi si candida su Linkedin senza avere i requisiti

di Marisa Marraffino

Partecipare a una selezione su LinkedIn senza averne i requisiti può costare la perdita del posto di lavoro ottenuto in mala fede. Lo ha stabilito il Tribunale di Trapani con la sentenza 522 del 2 ottobre, che ha punito un utente del noto social network: pur sapendo di non avere i titoli previsti dall’annuncio, aveva inviato lo stesso il proprio curriculum. Il datore di lavoro, dopo quasi due mesi, accortosi dell’errore, aveva revocato la delibera di assunzione, che aveva previsto l’inserimento del candidato con contratto a tempo determinato di tre anni in posizione dirigenziale.

Al centro del contenzioso il tipo di laurea posseduta dal candidato. Tra i requisiti richiesti dall’annuncio era infatti prevista la laurea magistrale in ingegneria, economia o giurisprudenza, oltre a master e corsi di specializzazione del settore. Il candidato, invece, era laureato il lingue ma aveva voluto candidarsi ugualmente per l’ambita posizione all’interno di una nota società per azioni del settore aereo. Il datore di lavoro aveva scoperto l’errore soltanto durante il periodo di prova, ma aveva deciso di annullare lo stesso la procedura di selezione. Il candidato, dunque, chiedeva il risarcimento dei danni subiti, pari alle retribuzioni che sarebbero state percepite per l’intera durata del rapporto, pari a 400mila euro, oltre alle spese sostenute per il trasloco. Per il Tribunale, chi partecipa a una selezione sapendo di non averne i requisiti accetta il rischio di non essere selezionato oppure di perdere il posto di lavoro a causa della sua condotta, messa in atto in mala fede. A nulla vale sostenere che l’autocertificazione inviata non menzionava espressamente il possesso di una delle lauree dell’annuncio ma genericamente di avere i requisiti per la partecipazione alla gara. Quello che conta è la condotta complessiva del candidato, che denota una evidente scorrettezza.

Il lavoratore non può quindi avanzare alcuna pretesa risarcitoria, dato che il danno di cui si lamenta è derivato interamente dalla sua condotta che «sebbene non illegittima, rappresenta una violazione del dovere di correttezza e buona fede durante le trattative». In sintesi, se il candidato avesse rispettato i criteri per candidarsi all’ambito posto di lavoro si sarebbe astenuto dal partecipare a una selezione rivolta palesemente ad altri soggetti. La sentenza merita di essere segnalata perché chiarisce i diritti e i doveri di chi partecipa alle selezioni di lavoro rispondendo agli annunci online.

Candidarsi per posizioni per le quali non si hanno i requisiti implica l’accettazione del rischio della perdita del posto di lavoro, senza che possano essere fatti valere i rimedi risarcitori previsti dalla legge.

Dopo l’entrata in vigore del Dlgs 23/2015 il lavoratore che venga licenziato illegittimamente non può chiedere la tutela reintegratoria ma il risarcimento del danno, parametrato alla retribuzione che sarebbe stata percepita se il rapporto di lavoro fosse durato fino alla scadenza concordata. Tuttavia se il lavoratore ha contribuito a causare il danno, il risarcimento non è dovuto. Insomma, chi è causa del suo mal pianga se stesso e la regola vale anche per le candidature online per le quali è richiesta la buona fede dei partecipanti, sin dalla fase di invio del curriculum. È irrilevante il fatto che gli annunci non prevedano che il possesso dei titoli sia considerato «a pena di esclusione»: sarebbe «privo di senso ipotizzare un requisito di partecipazione che però non sia necessario per la partecipazione alla gara». Per il Tribunale, «un requisito non necessario non è un vero requisito», con buona pace del candidato scorretto.

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