Contenzioso

Ai dirigenti pubblici non si applica l’articolo 2103 del Codice civile

di Valeria Zeppilli

La qualifica dirigenziale ha delle peculiarità sue proprie che le impediscono di poter essere assimilata alle altre qualifiche. Ad esempio, ai dirigenti pubblici non si applica l'articolo 2103 del Codice civile.

Ad affermarlo, riferendosi in maniera particolare ai dirigenti medici, è la Corte di cassazione (sezione lavoro, 18 ottobre 2019, numero 26618), la quale ha sancito che a tale categoria di lavoratori non possono essere estesi tutti i principi e le norme che regolano il rapporto di lavoro non dirigenziale.

Nel caso di specie si è quindi affermato che la sostituzione nell'incarico di dirigente medico del servizio sanitario nazionale, fatta ai sensi dell'articolo 18 del Ccnl della dirigenza medica e veterinaria dell'8 giugno 2000, non può essere considerata uno svolgimento di mansioni superiori. Si tratta, infatti, di un incarico che viene svolto nell'ambito del ruolo e del livello unico della dirigenza sanitaria. Di conseguenza, al sostituto spetta solo l'indennità sostitutiva e mai il trattamento accessorio del sostituito, neanche se la sostituzione si protrae oltre i sei mesi previsti dal contratto collettivo (o i dodici mesi, se vi è stata proroga).

Nell'affrontare la questione, la Corte di cassazione ha precisato che la qualifica dirigenziale, oggi, non esprime più una posizione lavorativa che si inserisce nell'ambito di una carriera e che si caratterizza per lo svolgimento di determinate mansioni. Essa, piuttosto, indica esclusivamente l'idoneità di un soggetto a ricoprire un certo incarico dirigenziale, il quale è necessariamente a termine, che viene conferito con un atto datoriale gestionale e che deve sempre essere tenuto distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Da tale considerazione discende l'inapplicabilità ai dirigenti pubblici non soltanto dell'articolo 2103 del Codice civile, ma anche dell'articolo 52 del decreto legislativo numero 165/2001, che si riferisce esclusivamente al personale il quale non riveste tale qualifica.

Con particolare riferimento alla dirigenza sanitaria, la Cassazione ha oltretutto posto in evidenza che l'impossibilità giuridica di applicare l'articolo 2103 del Codice civile è ribadita sia dall'articolo 15-ter del decreto legislativo numero 502/1992, sia dall'articolo 28, comma 7, del ccnl dell'8 giugno 2000.

Da tali previsioni e dalla precisazione fatta dall'articolo 18 del predetto ccnl, il quale al comma 5 recita che «le sostituzioni… non si configurano come mansioni superiori in quanto avvengono nell'ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria», discende che, se non viene rispettato il termine stabilito dal medesimo articolo 18 circa la durata massima delle sostituzioni stesse, tale circostanza non legittima mai la rivendicazione dell'intero trattamento economico spettante al dirigente sostituito.

Una simile conclusione, chiarisce infine la Corte, non si pone neanche in contrasto con il principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell'accordo quadro Ces, Unice e Ceep allegato alla direttiva 1999/70/CE, in quanto quest'ultima non si applica al rapporto dirigenziale in rilievo nella pronuncia in commento, il quale non va confuso con il rapporto di servizio, il quale comporta l'accesso alla qualifica dirigenziale e che è a tempo indeterminato.

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