Contenzioso

Lecita la possibilità di evitare la sanzione tramite la messa in regola

di Luigi Caiazza

Rientra nella discrezionalità del legislatore l'individuazione dei meccanismi sanzionatori che meglio garantiscano, secondo le valutazioni del legislatore medesimo, la tutela degli interessi sottostanti alle norme sanzionate in via amministrativa.
E' questo uno dei principi sanciti dalla Corte costituzionale nella sentenza 5/2021, con cui ha dichiarato illegittimi parte degli articoli 1 e 4 della legge della Regione Veneto numero 25 del 16 luglio 2019 secondo cui, introducendo l'istituto della regolarizzazione degli adempimenti o rimozione degli effetti dell'illecito, risulta che esso avviene senza alcuna particolare procedura e conseguenza sanzionatoria per il suo autore, una volta che l'illecito sia stato scoperto dagli organi preposti, seppure ancora non formalmente accertato.
Tale circostanza, secondo la Presidenza del Consiglio dei ministri, potrebbe indebolire l'efficacia deterrente delle sanzioni comminate dal legislatore regionale, incentivando di fatto il destinatario della norma a tenere il comportamento vietato o a non adempiere all'obbligo imposto dalla norma, certo della possibilità di un adempimento successivo, in grado di impedire l'irrogazione di ogni sanzione a suo carico.
Tuttavia la Corte, tenendo conto degli articoli 3 e 97 della Costituzione, ha espresso di non poter ignorare la discrezionalità del legislatore, nella fattispecie regionale, nell'individuazione dei meccanismi sanzionatori che meglio garantiscano la tutela degli interessi sottostanti alle norme amministrativamente sanzionate. Principio, del resto, che è stato applicato anche nell'ambito del diritto penale con l'introduzione del nuovo articolo 162-ter del Codice penale, allorché il legislatore statale ha riservato maggiore spazio a meccanismi di riduzione o addirittura di esclusione della pena, a fronte di condotte riparatorie delle conseguenze del reato da parte del suo autore. Infatti, è ora prevista l'estinzione dei delitti procedibili a querela soggetta a remissione – senza alcuna residua sanzione per il trasgressore – quando, anche in assenza di remissione della querela da parte della persona offesa, venga riparato interamente il danno cagionato dal reato ed eliminate, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose di esso entro l'apertura del dibattimento di primo grado. In quest'ultimo caso sono dunque codificate le modalità per la riparazione del fatto antigiuridico, nonché i termini temporali entro i quali dovrà verificarsi l'esenzione della pena.
Invece in materia di lavoro (ad esempio, l'articolo 13 del Dlgs 124/2004, gli articoli 20 e 21 del Dlgs 758/1994, trasfusi negli articoli 301 e 301-bis del Dlgs 81/2008), le procedure per l'applicazione delle sanzioni penali e amministrative sono disciplinate direttamente dal legislatore individuando tempi e modalità di adempimento ma senza un'esenzione della pena, prevedendo solo la sua sostanziale riduzione.
Ciò non toglie, come si evince da quanto ipotizzato dalla sentenza in esame, che sia il legislatore statale, sia quello regionale, nell'ambito delle rispettive competenze, possano prevedere, in futuro, anche in materia lavoristica, un esonero dall'applicazione della pena, sia essa penale, sia amministrativa, a condizione che ne vengano statuiti termini e condizioni direttamente dal legislatore nel rispetto del principio di legalità di cui all'articolo 23 della Costituzione.

La sentenza n 5/2021 della Corte costituzionale

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