Contenzioso

Sospensione dei termini feriali e opposizione ordinanza ingiunzione: le Sezioni Unite confermano il proprio orientamento

di Silvano Imbriaci

Le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 2145 del 29 gennaio 2021 confermano il proprio orientamento sulla questione (di grossa rilevanza pratica) dell'applicabilità della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale ad alcune particolari controversie di opposizione a ordinanza ingiunzione; in particolare si tratta di quelle che abbiano a oggetto violazioni concernenti le disposizioni in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di previdenza e assistenza obbligatoria diverse da quelle consistenti nella omissione totale o parziale di contributi o da cui derivi un'omissione contributiva.
Dunque, secondo le Sezioni Unite, in accordo con l'orientamento indicato da una precedente pronuncia (cfr. Sezioni Unite n. 63/2000), a queste controversie, pur ricadenti nel regime introdotto dall'articolo 6 del Dlgs n. 150/2011 e quindi regolate dal processo del lavoro, continua ad applicarsi la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale (articolo 3, legge n. 742/1969), trattandosi di controversie che non rientrano in quelle indicate dagli articoli 409 e 442 del Codice di procedura civile. La rilevanza di questa nuova pronuncia sta non tanto nell'esito (che pare meramente confermativo dell'orientamento precedente) quanto nella motivazione che tiene conto della novità normativa rappresentata – rispetto alla sentenza n. 63/2000- dall'introduzione dell'articolo 6 del Dlgs n. 150/2011, norma che, dopo aver modificato la disciplina dettata dagli articoli 22, 22 bis e 23 della legge n. 689/1981, ha disposto che tutte le controversie di cui all'articolo 22 della legge citata siano regolate dal rito-lavoro, comprese le opposizioni a ordinanza ingiunzione.
In altre parole, la nuova pronuncia della Corte sottopone a una dura prova di resistenza i principi espressi dalla precedente sentenza del 2000, per verificare la loro tenuta alla luce di un così importante mutamento del quadro normativo che attrae alla regolamentazione del rito del lavoro le opposizioni a ordinanza ingiunzione di cui all'articolo 22 della legge n. 689/1981. Ha un senso mantenere l'applicazione della sospensione feriale in presenza di questa novità? Il sospetto (che si è tradotto in una decisione difforme operata dalla sentenza del giudice di merito) è che, applicandosi il rito del lavoro, la controversia in questione rientri nella nozione di causa di lavoro, ai sensi degli articoli 409 e 442 del Codice di procedura civile, con conseguente esclusione dall'ambito applicativo dell'articolo 3 della legge n. 742/1969 (inapplicabilità della sospensione feriale di un mese dei termini processuali dal 1° al 31 agosto).

Come spesso accade, la rilevanza di questa decisione trascende il caso concreto e la semplice questione della sospensione dei termini, in quanto fornisce indicazioni più generali e di principio sul significato dell'applicazione per legge di un rito speciale come quello lavoristico a fattispecie di tipo diverso, anche se connesse indubbiamente in vari modi all'universo del lavoro e della legislazione sociale. In sintesi, il ragionamento della Corte si basa su una considerazione non troppo ovvia: oggetto del giudizio di opposizione a ordinanza ingiunzione è sostanzialmente l'accertamento negativo della pretesa sanzionatoria dell'amministrazione. È un oggetto neutro, che non muta a seconda della natura della materia nella quale si realizza la condotta illecita. La sanzione amministrativa ha una natura autonoma, in quanto è una reazione tipica dell'ordinamento a una violazione di un precetto, che si innesta su realtà giuridiche assai diverse tra loro, ma che ha come denominatore comune la violazione di un ordine costituito che deve essere ripristinato. In alcuni casi, il substrato normativo ha una rilevanza maggiore e tale da condizionare anche la natura dell'accertamento. Basti pensare al caso delle violazioni in materia di omissione nel versamento di contributi, che tuttavia si colorano di un aspetto diverso, utile a sottrarli al principio cui ora si è accennato. Infatti, il mancato pagamento di contribuzione ha effetti diretti sulla posizione contributiva del lavoratore, per cui il legame con il rapporto di lavoro diventa inscindibile, con la conseguenza che il legislatore ha sentito l'esigenza di trattare queste violazioni anche dal punto di vista sostanziale alla stregua di inadempimenti contributivi e quindi come controversie previdenziali. Ma diverso è il discorso per quanto riguarda la generalità delle altre violazioni, pur collegate alla materia lavoristica e previdenziale, che non si concretizzano in omesso pagamento di contributi. In queste violazioni, infatti, prevale ancora l'aspetto sanzionatorio, ossia il profilo della potestà sanzionatoria, non intaccato dalla regolamentazione con il rito lavoro. In quest'ottica ha un senso conservare l'applicabilità della sospensione, perfettamente compatibile con una ricostruzione del processo dell'opposizione a ordinanza ingiunzione in una chiave di sostanziale autonomia rispetto alle controversie da cui comunque mutua l'applicabilità delle regole processuali, in un'ottica comunque di riconduzione a unità del sistema.

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