Contenzioso

A carico di Inarcassa la prova dell'esercizio di altra professione

di Antonello Orlando

L'incompatibilità fra Inarcassa e le altre forme assicurative si attiva solo in presenza di attività effettivamente svolte e produce effetti non solo con l'immediata decadenza dell'iscrizione alla cassa, ma rischia di far venire meno il diritto alla percezione della pensione.
L'ordinanza della Corte di cassazione n. 2671/2021 del 4 febbraio si occupa degli effetti dell'iscrizione a un'altra forma di previdenza obbligatoria da parte degli ingegneri e architetti (la cui cassa di riferimento è Inarcassa). Infatti, a norma dell'articolo 3 della legge 179/1958, sono stati esclusi dall'iscrizione alla Cassa tutti gli ingegneri e architetti iscritti a forme di previdenza obbligatorie come un rapporto di lavoro subordinato o altra attività esercitata.
Proprio sulla formulazione di tale norma si gioca il contenzioso che ha visto protagonista un architetto che aveva fatto domanda alla Inarcassa di pensione di vecchiaia e la stessa cassa di previdenza. Per ottenere la domanda di pensione, anche nell'attuale formulazione del Regolamento della Inarcassa, oltre a un requisito anagrafico, c'è il requisito di anzianità di iscrizione di almeno trenta anni; evidentemente, se l'iscrizione alla cassa dei geometri fosse stata seguita dall'esercizio di una connessa attività professionale, la decadenza dell'iscrizione a Inarcassa avrebbe determinato il venir meno dei requisiti necessari per accedere alla pensione in Inarcassa sollevando un ulteriore, spinoso, interrogativo su chi fosse gravato dall'onere della prova.
Nel primo grado di giudizio l'architetto aveva richiesto di ottenere la pensione nonostante si fosse iscritto presso l'ente previdenziale dei geometri successivamente alla iscrizione all'Inarcassa, senza dare egli prova di non avere materialmente svolto la professione di geometra a partire dall'iscrizione alla forma di previdenza corrispondente. Anche secondo la stessa Corte d'appello di Bologna l'onere della prova di dimostrare il mancato esercizio della professione di geometra gravava sull'architetto. Nell'esaminare tale vicenda, la Corte di merito ha stabilito che l'onere di provare il mancato esercizio delle attività proprie del geometra gravasse sull'assicurato che aveva presentato domanda di pensione, anche sulla base di un orientamento già palesato dalla Suprema Corte con sentenza n. 1389 del 2006.
In realtà, la Cassazione ha distinto fra i requisiti ontologici del diritto a pensione (anno di nascita, anzianità assicurativa e ammontare della contribuzione) ed eventuali fatti modificativi o estintivi del diritto a pensione, che resteranno, a differenza dei primi, sempre a esclusivo onere probatorio a carico della Cassa che ne può, come nel caso della sentenza in esame, eccepire la sussistenza. La Corte di legittimità ha anche giudicato inopportuno il richiamo all'orientamento espresso con la sentenza del 2006, in quanto nel caso oggetto del giudizio richiamato non aveva in alcun modo addossato all'assicurato l'onere della prova di dimostrare l'esercizio esclusivo dell'attività di architetto, cassando così il giudizio della Corte d'appello di Bologna e dando ragione all'assicurato.

L'ordinanza n. 2671/2021 della Corte di cassazione

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