Contenzioso

L’associazione paga l’imposta ma è escluso il monolocale

di Alessandro Borgoglio

Decisamente più chiara e lineare è la situazione per i professionisti che si uniscono, come nel caso di studi associati, associazioni professionali e società tra professionisti: tutti questi soggetti, infatti, scontano l’Irap.

Anche in questo caso è stata la Cassazione a fissare quei paletti dimenticati dal legislatore, in modo tale da fornire una sorta di perimetro applicativo dell’imposta, così schematizzabile.

L’automatismo

L’esercizio di professioni in forma societaria costituisce per legge presupposto dell’Irap, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza di un’autonoma organizzazione, essendo questa implicita nella forma di esercizio dell’attività, e spetta al contribuente provare l’insussistenza dello svolgimento della professione in forma associata, ovvero l’insussistenza della fruizione di benefici organizzativi recati dalla associazione professionale (Cassazione 20715/2020, 6355/2020).

Il “doppio lavoro”

Il professionista inserito in uno studio associato, che svolge anche una distinta e separata attività professionale, diversa da quella espletata in forma associata, ha l’onere di dimostrare, al fine di sottrarsi all’applicazione dell’imposta, la mancanza di autonoma organizzazione, ossia di non fruire dei benefici organizzativi recati dalla sua adesione all’associazione. Quest’ultima proprio in ragione della sua forma collettiva, normalmente fa conseguire agli aderenti vantaggi organizzativi e incrementativi della ricchezza prodotta quali, per esempio, le sostituzioni in attività - materiali e professionali - da parte di colleghi di studio, l’utilizzazione di una segreteria o di locali di lavoro comuni, la possibilità di conferenze e colloqui professionali o altre attività allargate, l’utilizzazione di servizi collettivi e quant’altro caratterizzi l’attività svolta in associazione professionale (Cassazione 9597/2020).

Il passaggio generazionale

Neppure può essere considerata un’esimente la volontà del professionista di dare una mano al proprio figlio, in procinto di intraprendere la stessa strada del genitore, perché, secondo la Suprema Corte, in presenza di uno studio associato, è irrilevante il fatto che esso sia stato costituito al fine di facilitare l’inserimento del figlio dell’originario titolare nell’attività, posto che l’esercizio della professione in forma associata costituisce per legge presupposto dell’Irap (Cassazione 21328/2016).

Le eccezioni

Sono almeno due: la prima molto singolare, per cui non è soggetto a Irap, in quanto privo di un’autonoma organizzazione, il commercialista che svolga l’attività in uno studio di 40 mq, anche se associato, se non si avvale di beni strumentali superiori al minimo indispensabile, di personale dipendente o di collaboratori (Cassazione 3685/2017). La seconda eccezione è sicuramente più lineare: non sconta l’Irap l’avvocato in regime di monocommittenza rispetto allo studio associato, suo singolo cliente, alla cui organizzazione e alle cui spese non contribuisce (Cassazione 890/2017).

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