Contenzioso

Notifica dell’iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli al vaglio di costituzionalità

di Silvano Imbriaci

La sentenza n. 45 del 23 marzo 2021 della Corte Costituzionale si occupa della normativa in materia di riconoscimento e disconoscimento di giornate lavorative intervenuti dopo la compilazione e la pubblicazione dell'elenco nominativo annuale, ed in particolare sulle modalità di notifica ai lavoratori interessati mediante non la comunicazione individuale al singolo lavoratore, ma la pubblicazione, con le modalità telematiche previste dall'art. 12 bis del R.D. n. 1949/1940, di appositi elenchi nominativi trimestrali di variazione.
La questione riveste una certa importanza soprattutto in quel vasto contenzioso che vede di fronte INPS e lavoratori in relazione alla revoca di prestazioni (soprattutto indennità di disoccupazione) conseguente ad un accertamento dell'ente circa la fittizietà del rapporto di lavoro subordinato e ai tempi di instaurazione del giudizio da parte degli stessi lavoratori. Infatti, in materia, vige uno specifico termine di decadenza sostanziale al lavoratore che intenda disconoscere o contestare il provvedimento di cancellazione dagli elenchi, e che è dettato dall'art. 22 comma 1 del D.L. n. 7/1970 norma che impone al lavoratore di proporre azione giudiziaria entro 120 giorni dalla presa di conoscenza del provvedimento di cancellazione dagli elenchi.
Il punto critico è proprio questo: la notifica mediante la pubblicazione telematica compromette il diritto di difesa del lavoratore (art. 24 C.)? Per fruire dell'indennità di disoccupazione in relazione alla particolarità dell'attività agricola, occorre lo svolgimento di attività effettiva per un minimo di giornate coperte da contribuzione e l'iscrizione negli elenchi nominativi (art. 12 cit.). nel momento in cui l'INPS, a seguito di controlli, disconosca l'esistenza del rapporto di lavoro a fini previdenziali, spetterà al lavoratore la prova dell'esistenza e della durata del rapporto (cfr. Cass. n. 7845/2003).
Contro i provvedimenti di cancellazione è ammesso ricorso in sede amministrativa (art. 11 d.lgs. n. 375/1993). Una volta che il provvedimento sia divenuto definitivo, l'art. 22 della legge n. 7/1970 ammette la possibilità di esperire azione giudiziaria entro il termine di decadenza di 120 giorni dalla notifica del provvedimento definitivo o da quando ne abbia avuto conoscenza. La normativa è improntata a chiare esigenze di speditezza, al fine di consentire anche la verifica del diritto al godimento di prestazioni rilevanti, come, appunto, l'indennità di disoccupazione. In quest'ottica l'art. 38 del D.L. n. 98 del 2011 aveva sostituito la comunicazione individuale di iscrizione con la pubblicazione telematica sul sito dell'INPS dell'elenco annuale e delle sue variazioni trimestrali (peraltro tale normativa è stata superata dall'art. 43 comma 7 del D.L. n. 76/2020, che ha reintrodotto la comunicazione individuale, ma senza efficacia retroattiva).
Sulla base di questi dati di partenza, la sentenza della Corte costituisce probabilmente un'occasione mancata per fare chiarezza sul fenomeno, anche se, come abbiamo visto, la normativa è recentemente cambiata (ma il contenzioso in corso relativo alla vecchia disciplina è ancora rilevante). Insomma, il giudizio della Corte Cost. si è dovuto fermare alla verifica della disposizione normativa effettivamente oggetto di doglianza. Il giudice remittente infatti aveva ritenuto che la potenziale compromissione del diritto di difesa fosse imputabile, in effetti, alle modalità di attuazione di tale normativa, come descritte nella circolare INPS n. 82/2012. In tale atto l'Istituto ha definito le specifiche tecniche della pubblicazione in modalità telematica, anche in relazione alla inibizione alla visualizzazione trascorsi 15 giorni dalla pubblicazione.
È tale circostanza, semmai, ad incidere notevolmente sul diritto di difesa, in quanto investe il diritto dell'interessato ad utilizzare l'intero termine previsto per l'impugnazione anche per la conoscenza dell'atto (la non visualizzabilità dopo 15 giorni non è prevista dalla norma censurata). Si tratta dunque di una scelta organizzativa, legittimamente demandata all'amministrazione, al fine di assicurare speditezza nell'attività amministrativa e nel contempo un'adeguata conoscenza del provvedimento impugnabile, assicurando tempi ragionevoli di visione attraverso l'accesso al sito.
L'esame di questi profili dunque non deve essere valutato alla stregua della legittimità costituzionale di una disposizione di legge; esso spetta infatti direttamente all'autorità giudiziaria competente nella valutazione della legittimità della circolare con cui l'ente ha definito le specifiche tecniche delle modalità di notifica delle variazioni e soprattutto del tempo di visibilità delle stesse all'interno del sito istituzionale dell'INPS.

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