Contenzioso

La decadenza si calcola dal giorno in cui è stata prevista dalla legge

di Silvano Imbriaci

In materia di decadenza nel procedimento volto alla liquidazione e riliquidazione di trattamenti pensionistici e prestazioni previdenziali, la normativa di riferimento (articolo 47 del Dpr 639/1970) è costantemente oggetto di interventi giurisprudenziali utili a definirne la portata applicativa con la maggior precisione possibile, trattandosi di un istituto che produce effetti dirompenti sul diritto a questi trattamenti, compromettendone l'accesso in via spesso definitiva e, come si usa dire, tombale.

Già nello scorso mese di dicembre, la sezione lavoro della Corte di cassazione (con la sentenza 28416/2020) aveva affrontato il tema dell'applicazione temporale della disciplina che regola decadenza nel caso di provvedimenti di riliquidazione da parte dell'Inps (concetto questo che rientra nell'ambito più generale dell'inesatto adempimento nel pagamento in prima battuta di una prestazione). L'articolo 38 del Dl 98/2011 ha esteso la decadenza alle azioni giudiziarie aventi a oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito, indicando due diversi momenti iniziali per il computo del termine decadenziale: il riconoscimento parziale della prestazione, nel primo caso, e il pagamento della sorte, per quanto riguarda gli accessori.

L'articolo 38 pone inoltre anche una disciplina transitoria, incentrata sull'attribuzione di una limitata retroattività alle disposizioni sulla decadenza, in quanto applicabili anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del decreto, cio il 6 luglio 2011 (si veda Cassazione 15375/2013). Proprio su questo elemento si è poi pronunciata la Corte costituzionale (sentenza 69/2014) che di fatto ha finito per limitare l'applicazione di detta disposizione esclusivamente alle prestazioni pensionistiche riconosciute dal 6 luglio 2011.

Nel caso affrontato dalla sentenza 28416/2020, il giudice di merito aveva rigettato l'eccezione di decadenza formulata dall'Inps, in quanto la relativa disposizione è stata considerata di natura innovativa, e quindi applicabile alle sole prestazioni successive al 6 luglio 2011 (avuto riferimento alla data di liquidazione dell'originaria prestazione). Secondo la sentenza del 2020, invece, il termine di decadenza introdotto dall'articolo 38 deve trovare applicazione anche con riferimento alle prestazioni già liquidate, anche se con la decorrenza dell'entrata in vigore della modifica della disposizione citata (ossia 6 luglio 2011). Quindi non si valuta la data di decorrenza della prestazione quanto, attesa la natura della decadenza, la decorrenza del meccanismo impeditivo a decorrere dall'entrata in vigore della modifica normativa.

Con la sentenza 11909/2021, la Cassazione ribadisce questo orientamento, confermando l'interpretazione estensiva del principio che era stato espresso dalle sezioni unite (con la sentenza 15352/2015), che però si erano limitate ad esaminare una forma di decadenza speciale (legge 238/1997), in materia di tempistica per la proposizione delle domande di indennizzo per danni derivanti da emotrasfusioni. In tale caso, secondo le sezioni unite, decorrenti i termini di decadenza dal momento in cui l'interessato abbia avuto conoscenza del danno, la norma che ha introdotto il nuovo termine di decadenza deve essere interpretata nel senso che lo stesso decorre dall'entrata in vigore della legge anche (in quel caso specifico) per le epatiti post trasfusionali contratte ed accertate anteriormente alla sua emanazione.

Tale principio è esportabile anche alla decadenza prevista in via generale per le prestazioni pensionistiche o previdenziali. La previsione di un termine di decadenza non può avere un effetto retroattivo, e non può far considerare maturato un termine facendolo decorrere da data anteriore all'entrata in vigore della legge. Tuttavia, quando nell'ordinamento si introduce un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina ben può applicarsi alle situazioni soggettive già in essere, e la decorrenza del termine non è individuata con riferimento alla prestazione sostanziale, ma alla data di entrata in vigore della modifica legislativa.

Si tratta di una soluzione che riesce a evitare che un comportamento inerte dell'assicurato produca un pregiudizio sul proprio diritto e nello stesso tempo garantisce la verifica e definizione delle situazioni pendenti, a fini esclusivamente sollecitatori. Il termine decadenziale triennale (per la natura pensionistica della prestazione) quindi si applica con decorrenza dalla data della sua entrata in vigore, con l'ulteriore indicazione (non indispensabile nell'ottica della decisione ma utile) che conferma la necessità di una domanda giudiziale per impedire il decorso del termine (a tal fine è sufficiente il deposito e non anche la successiva notifica dell'atto).

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