Contenzioso

Tutela dei demansionamenti inapplicabile ai rapporti di fatto

di Alessandra Deganis

Al rapporto di fatto non si applica l’articolo 2103 del Codice civile sulle mansioni del lavoratore.

La vicenda trae origine da un trasferimento di ramo d’azienda del settore telecomunicazioni dichiarato illegittimo in tutti e tre i gradi di giudizio. La società cedente, tuttavia, non dava esecuzione alla sentenza sino alla decisione della Cassazione, lasciando di fatto alle dipendenze della cessionaria tutti i dipendenti, fra cui la ricorrente, appartenenti al ramo ceduto, pur corrispondendo loro le relative retribuzioni per il lasso di tempo intercorrente tra la decisione di primo grado (del 2007) e quella della Cassazione (del 2014).

La ricorrente agiva contro entrambe le società, lamentando di avere subito un «illegittimo demansionamento/dequalificazione professionale che le aveva procurato un grave danno patrimoniale e non patrimoniale, di cui, a suo avviso, dovrebbero rispondere entrambe le società resistenti dal 2010 al 2014, quando si trovava, “di fatto”, alle dipendenze della cessionaria.

La società cessionaria si costituiva eccependo preliminarmente l’inapplicabilità dell’articolo 2103 del Codice civile al rapporto di fatto ex articolo 2126, quale quello intervenuto tra la cessionaria stessa e la ricorrente a seguito della sentenza che dichiarava illegittimo il trasferimento di ramo d’azienda. Trattandosi di un rapporto «giuridicamente inesistente», secondo la prospettazione della cessionaria, non poteva trovare applicazione il divieto di dequalificazione.

Il Tribunale di Roma, con la sentenza 3854 del 2020, in accoglimento dell’eccezione preliminare svolta dalla convenuta cessionaria, ha rigettato il ricorso riconoscendo che «la sentenza della Suprema Corte n. 13057/2014, che ha dichiarato l’illegittimità della cessione del ramo d’azienda […], del quale la ricorrente faceva parte […] ha ricostituito, con valenza ex tunc, il rapporto di lavoro tra la [ricorrente e la cedente] che, pertanto, deve ritenersi sempre rimasto in essere in capo alla predetta società, ancorché in stato di “quiescenza”(da ultimo, Cassazione 8162/2020). […] Per quanto pacificamente affermato dalla giurisprudenza, ne consegue che il rapporto di lavoro proseguito con la cessionaria, […] è una fattispecie cosiddetta “di fatto”, disciplinata dall’articolo 2126». Ma allora, secondo il Tribunale di Roma, è doveroso rilevare come durante il periodo relativo al rapporto di lavoro “di fatto” ex articolo 2126 non sia applicabile il divieto di dequalificazione contenuto nell’articolo 2103 e che «l’unico diritto che può essere eventualmente azionato dalla ricorrente nei confronti dell’odierna convenuta è quello relativo alla retribuzione».

Lo stesso principio è stato ribadito anche da una ancora più recente sentenza del Tribunale di Pescara (23 aprile 2021) in un caso del tutto analogo a quello sottoposto al giudizio del Tribunale di Roma e relativo a un dipendente ceduto nell’ambito di un’operazione di trasferimento di ramo d’azienda che, in seguito alla declaratoria giudiziale della illegittimità dell’operazione traslativa attuata tra le due società, aveva agito in giudizio al fine di ottenere l’accertamento del demansionamento asseritamente subito presso la cessionaria. Il Tribunale di Pescara ha, da un lato, statuito che «Le domande risarcitorie […] risultano invece erroneamente proposte nei confronti del cessionario, vista la natura di mero fatto del rapporto di lavoro intercorso tra il ricorrente e detta società (in considerazione della nullità giudizialmente dichiarata della cessione del ramo d’azienda, e della quiescenza del rapporto alle dipendenze con il cedente)» e, dall’altro lato, ha ritenuto che la domanda risarcitoria dei danni conseguenti all’illegittima cessione del rapporto fosse stata legittimamente avanzata nei confronti dell’impresa cedente, a titolo di danno derivante da illecito contrattuale ex articolo 1218 e seguenti. Infatti, secondo il Tribunale di Pescara, deve «ritenersi la responsabilità del cedente che non provveda al ripristino del rapporto di lavoro dalla data della declaratoria giudiziale di nullità della cessione del ramo di azienda».

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