Contenzioso

Interinali con previdenza del Paese di origine se non si celano abusi

di Giampiero Falasca

Il lavoratore assunto da un'Agenzia per il lavoro in uno Stato membro dell'Unione europea per svolgere l'attività presso un'impresa utilizzatrice situata in un altro Stato membro mantiene il regime previdenziale di provenienza, a patto che l'operazione non celi una situazione fraudolenta, volta a mascherare una fittizia triangolazione che ha come unico scopo quello di scegliere il regime più conveniente.

Con una sentenza molto equilibrata (causa C-784/19) la Corte di giustizia europea ricostruisce i termini entro i quali può essere svolta, all'interno dei confini comunitari, l'attività di somministrazione di manodopera, analizzando gli effetti che questa situazione produce sul regime contributivo dei lavoratori.

La questione nasce in Bulgaria, dove l'autorità amministrativa ha negato il rilascio del certificato A1 (attestante l'applicazione della legislazione locale in tema di previdenza) a un lavoratore assunto da un'Agenzia di somministrazione bulgara per svolgere una missione di lavoro in Germania. Il diniego è stato motivato dal fatto che l'attività principale del lavoratore non sarebbe stata svolta in Bulgaria e quindi non sarebbe stato possibile applicare la regola comunitaria che consente, in caso di distacco transnazionale, il mantenimento del regime previdenziale d'origine. Il tribunale bulgaro, investito della questione, ha chiesto alla Corte di giustizia europea se il mantenimento del regime previdenziale d'origine sia subordinato, in caso di somministrazione di lavoro, allo svolgimento di una parte sostanziale dell'attività nel medesimo territorio di origine.

La risposta della Corte è molto articolata. In generale, il giudice comunitario esclude che la semplice somministrazione di lavoro da uno Stato all'altro faccia venir meno la possibilità di mantenere la legislazione previdenziale del Paese di origine, in quanto anche la ricerca e selezione del personale, attività propedeutiche alla vera e propria fornitura di lavoro, sono attività sostanziali dell'Agenzia per il lavoro. Se queste attività sono svolte nel Paese di origine, quindi, può ritenersi soddisfatto il requisito necessario per mantenere il regime previdenziale di provenienza.

Tuttavia, precisa la sentenza, questo principio non vale nel caso in cui lo schema della somministrazione venga utilizzato per mascherare degli abusi, come accade qualora vengano create Agenzie per il lavoro fittizie il cui unico scopo è quello di simulare l'assunzione in uno Stato nel quale la normativa previdenziale assicura costi ridotti. La Corte individua anche quali sono i possibili indici di questo intento fraudolento: l'assenza di una struttura amministrativa nel Paese dove sono formalmente svolte le assunzioni, il mancato svolgimento delle procedure di ricerca e selezione del personale in tale Paese e la carenza dei requisiti minimi previsti dalla normativa locale per l'esercizio dell'attività di somministrazione di manodopera.

Un altro requisito essenziale riguarda anche il lavoratore destinato a essere somministrato da un Paese all'altro: tale lavoratore prima della somministrazione deve essere stato soggetto alla legislazione previdenziale dello Stato d'origine. Le imprese che non rispettano tali requisiti non potranno, quindi, pretendere di applicare il regime previdenziale del Paese in cui sono formalmente collocate; nessun vincolo sussiste, invece, qualora si tratti di Agenzie che hanno effettivamente selezionato il personale in un determinato Stato membro per poi inviarlo in un altro Paese comunitario.

La sentenza n. C-784/19 della Corte di giustizia europea

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