Contenzioso

Recesso dell’agente: inadempimento del preponente da valutare alla luce delle dimensioni economiche del rapporto

di Barbara Grasselli

Per la giusta causa di recesso da parte dell'agente vale il principio secondo il quale l'inadempimento attribuito al preponente non deve essere di scarsa importanza.
Nel caso di scioglimento del contratto di agenzia trova applicazione – secondo un orientamento ormai consolidato - l'istituto della giusta causa previsto dall'articolo 2119 del Codice civile per i lavoratori subordinati, pur dovendosi tener conto della peculiarità del rapporto di agenzia, nel quale la relazione fiduciaria che intercorre tra le parti assume una maggiore intensità in ragione della maggiore autonomia nella gestione dell'attività dell'agente.
Logico corollario di tale principio è che al fine di legittimare il recesso è sufficiente anche un fatto di minore consistenza.
Tuttavia, la valutazione della gravità del fatto compiuto dal preponente e posto alla base della giusta causa di recesso dell'agente non può prescindere dalle complessive dimensioni economiche del contratto intercorso e dall'incidenza dell'inadempimento sull'equilibrio contrattuale.
Questo, in sostanza, il principio sotteso all'ordinanza della Corte di cassazione n. 15120 del 31 maggio 2021, che ha cassato con rinvio la sentenza di merito con la quale i giudici della Corte d'appello adita avevano ritenuto legittimo il recesso per giusta causa esercitato dall'agente.
Nella fattispecie, la questione controversa era relativa all'applicazione di determinate “Tabelle compensi 2006”, contenenti i parametri di calcolo per la determinazione del trattamento economico dell'agente, diversi da quelli previsti dal contratto originariamente sottoscritto, che il preponente sosteneva avessero efficacia annuale, non applicabili agli anni successivi.
Dall'altro lato l'agente, come pare di capire dalla pronuncia, rivendicava invece l'applicazione di tali parametri anche per gli anni successivi o comunque la mancata determinazione dei compensi provvigionali per il periodo successivo.
La Cassazione osservava, tuttavia, che la sentenza impugnata dava atto che il preponente fosse incorso «in una così grave violazione degli obblighi di correttezza e buona fede» tale da giustificare il recesso per giusta causa dell'agente «in virtù (anche) dell'omesso pagamento “di qualsiasi somma a titolo di compensi per gli anni 2007 e 2008”», malgrado in altro punto della motivazione si fosse dato atto dell'avvenuta corresponsione di anticipi provigionali.
Attesa la contraddittorietà della motivazione, i giudici di legittimità hanno ritenuto di cassare con rinvio la sentenza impugnata per un nuovo esame della portata interpretativa delle tabelle dei compensi, nonché del comportamento del preponente per accertare se questo possa integrare una giusta causa di recesso.
Un conto, infatti, è l'omesso adempimento dell'obbligazione principale del preponente alla corresponsione del compenso provvigionale che può integrare il notevole inadempimento tale da giustificare il recesso dell'agente. Altra cosa è una corresponsione non esatta o comunque parziale del trattamento economico, comportamento che, invece, deve essere valutato tenendo conto dell'incidenza di tale inadempimento sulla dimensione economica del rapporto contrattuale e che, non sempre, può giustificare il recesso da parte dell'agente.
In linea di principio, l'inadempimento persistente e prolungato dell'obbligazione di corrispondere la provvigione può minare irrimediabilmente il rapporto fiduciario poiché vanifica l'aspettativa dell'agente all'esatto futuro adempimento del preponente e rende impossibile la prosecuzione del rapporto; non giustifica, invece, il recesso per notevole inadempimento la mancata corresponsione del compenso provvigionale del tutto accidentale o di breve durata e che incida in misura trascurabile sul trattamento economico dell'agente.

L'ordinanza n. 15120/2021 della Corte di cassazione

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