Contenzioso

Prestazioni periodiche per invalidità ed esercizio del diritto di surroga dell’Inps, limiti

di Silvano Imbriaci

A fronte della corresponsione di prestazioni previdenziali ed assistenziali da parte dell'Inps, determinate da un infortunio extralavorativo causato da fatti dolosi o colposi di terzi (solitamente sinistri stradali), l'Istituto ha diritto di rivalersi sul responsabile civile e sulla sua compagnia assicurativa (articolo 1916 del Codice civile).

In particolare, l'articolo 14 della legge n. 222/1984 dispone espressamente che l'Istituto erogatore delle prestazioni previste dalla stessa legge sia surrogato, fino alla concorrenza del loro ammontare, nei diritti dell'assicurato o dei superstiti verso i terzi responsabili e le loro compagnie di assicurazione.

La Corte di cassazione, sezione lavoro, 23 giugno 2021, n. 17966 affronta uno specifico tema legato alla disciplina della surroga, ossia la valutazione del danno cosiddetto de futuro, quando l'Istituto sia tenuto alla corresponsione di una prestazione in forma continuativa e stabile (assegno di invalidità, pensione), di durata indeterminata nel tempo, a causa delle lesioni provocate dal fatto di terzi. In questo caso, l'articolo 14 citato, al secondo comma, afferma che dovrà essere calcolato un valore capitale della prestazione erogata (cosiddetta capitalizzazione), secondo criteri e tariffe determinate in via ministeriale.

La sentenza della Cassazione si propone di verificare la tenuta di questo meccanismo liquidatorio alla luce delle regole generali, in ambito civilistico, in materia di risarcimento del danno e principio della compensatio lucri cum damno. È utile ricordare che nel caso in questione l'Inps aveva effettivamente erogato al proprio assicurato solo una quota (seppure non piccola) dell'intera somma che era stata chiesta all'autore del danno, in via di capitalizzazione, dal momento che la prestazione, in un certo momento, era stata revocata.

Nella controversia l'Inps rivendica il diritto a percepire in misura intera il valore capitale della prestazione come calcolato, e a non vedersi circoscritto il proprio diritto di surroga alle somme effettivamente erogate al danneggiato. Sotto questo profilo, la Corte ricorda quale sia lo scopo dell'azione di recupero ex articolo 1916 del Codice civile: impedire che il responsabile possa beneficiare dell'erogazione riconosciuta alla vittima da parte dell'assicurazione sociale e, nello stesso tempo, evitare la duplicazione del ristoro, provocando un ingiusto vantaggio per il danneggiato. Per questo l'ente si sostituisce nel diritto del danneggiato verso il terzo responsabile e la sua compagnia di assicurazione (articolo 142 Codice Assicurazioni Private, Dlgs n. 209/2005), attraverso un meccanismo cautelativo che impone al danneggiato di dichiarare: a) di non aver diritto ad alcuna prestazione previdenziale; b) di aver diritto a tali prestazioni, comunicandolo in tal caso all'ente previdenziale.

Il principio indennitario fa sì che la corresponsione dell'indennizzo al danneggiato riduca, nell'importo corrispondente, il credito risarcitorio nei confronti del danneggiante: un sinistro non può determinare un arricchimento ingiustificato per chi lo subisce. Questo principio, che le Sezioni Unite hanno già applicato al risarcimento a favore del danneggiato (SSUU nn. 12564 e ss./2018), deve essere applicato in egual misura alle altre parti coinvolte nell'azione di surroga, in quanto il surrogato non può conseguire utilità superiori a quelle proprie del creditore, cui si sostituisce. E del resto, di fronte alla richieste Inps di vedersi liquidato l'intero valore capitale, già la Cassazione aveva affermato, nella specifica ipotesi della premorienza del danneggiato, che tale evento (la premorienza) limita il diritto dell'Inps alla riscossione solo delle somme effettivamente erogate fino al decesso (Cass. n. 3356/2010).

Ebbene, la Cassazione del 2021 accosta a questa evenienza quella della revoca della prestazione, e non ritiene vi siano elementi per una diversa valutazione: l'Inps non può comunque mai ottenere una somma superiore rispetto a quanto sia stato riconosciuto allo stesso danneggiato. Resta però da spiegare, alla luce di questo principio, che significato debba darsi all'articolo 14 citato, che al secondo comma prevede proprio un meccanismo di capitalizzazione ai fini del risarcimento del danno da prestazioni periodiche. La Corte sul punto invita a una lettura complessiva della norma (primo e secondo comma): il secondo comma abilita l'assicuratore sociale alla surroga anche quando la prestazione abbia la caratteristica di una rendita, mediante il meccanismo della capitalizzazione, per un danno futuro. Ma il fatto che il danno sia futuro nulla toglie alla necessità di calcolare quanto dovuto sulla base di quanto poi effettivamente corrisposto, così come accade in caso di morte del danneggiato. Se il dato della durata della rendita è al momento della sua erogazione un fatto ignoto (e come tale giustifica una capitalizzazione astratta), non lo è più quando sopraggiunge un evento (che può essere il decesso, ma anche la revoca della prestazione) che fa diventare certa la durata della prestazione (e l'effettivo esborso da parte dell'ente). Per questo, nel caso in cui il pregiudizio sia ridimensionato, occorre tener conto della situazione sopravvenuta e quindi del danno effettivamente subito.

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