Contenzioso

Serve un termine più breve per l’ordinanza-ingiunzione

di Matteo Prioschi

Il legislatore deve intervenire per colmare la lacuna normativa in base alla quale non esiste un termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio mediante l'emissione dell'ordinanza-ingiunzione o dell'ordinanza di archiviazione degli atti. Questo il monito contenuto nella sentenza 151/2021 della Corte costituzionale depositata ieri.

La Consulta è stata chiamata a esprimersi sulla legittimità dell'articolo 18 della legge 689/1981 rispetto agli articoli 3, 97 e 117 primo comma, della Costituzione a seguito di un contenzioso avviato dal titolare di un'attività commerciale che si è visto recapitare dal Comune di Venezia delle ordinanze-ingiunzione a oltre quattro anni dalle contestazioni di violazioni in materia di sicurezza alimentare.

Secondo il Tribunale di Venezia, l'assenza di un termine entro cui notificare l'ordinanza-ingiunzione contrasta con i principi di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione, oltre che con la tutela del legittimo affidamento e con il principio di uguaglianza.

La Corte costituzionale dichiara inammissibili le ordinanze di rimessione, tuttavia rileva la necessità di un intervento normativo. In base all'articolo 14 della legge 689/1981, osservano i giudici, la contestazione dell'illecito va fatta contestualmente all'accertamento o comunque entro 90 giorni per i residenti in Italia ed entro 360 giorni per quelli residenti all'estero. Se non si rispettano tali termini, scatta l'estinzione dell'obbligazione pecuniaria.

L'articolo 18 della stessa legge, invece, non prevede un termine entro cui debba essere emessa l'ordinanza-ingiunzione o l'ordinanza di archiviazione, così che l'unico termine che l'amministrazione deve rispettare è quello della prescrizione quinquennale del diritto alla riscossione delle somme dovute per violazioni amministrative (articolo 28 della legge 689/1981).

Però, argomenta la Corte costituzionale, «la previsione di un preciso limite temporale per la irrogazione della sanzione costituisce un presupposto essenziale per il soddisfacimento dell'esigenza di certezza giuridica, in chiave di tutela dell'interesse soggettivo alla tempestiva definizione della propria situazione giuridica di fronte alla potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, nonché di prevenzione generale e speciale». Inoltre, un termine di conclusione del procedimento non distante dall'accertamento e dalla contestazione consente di «opporsi efficacemente al provvedimento sanzionatorio», garantisce un esercizio effettivo del diritto di difesa ed è «coerente con il principio di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione».

L'unico termine che la pubblica amministrazione debba rispettare sia quello quinquennale della prescrizione, che peraltro può essere interrotto, non è adeguato a contenere lo stato di incertezza nei confronti del destinatario del provvedimento e non è idoneo a garantirgli la «certezza giuridica della posizione» e «l'effettività del suo diritto di difesa, che richiedono contiguità temporale tra l'accertamento dell'illecito e l'applicazione della sanzione».

Da qui l'affermazione che «la lacuna normativa rende ineludibile…un tempestivo intervento legislativo. Tale lacuna, infatti, colloca l'autorità titolare della potestà punitiva in una posizione ingiustificatamente privilegiata che, nell'attuale contesto ordinamentale, si configura come un anacronistico retaggio della supremazia speciale della pubblica amministrazione».

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