Contenzioso

No-vax sospeso anche se non è obbligato al vaccino

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

Anche nei settori produttivi per i quali non è previsto l’obbligo di vaccinazione contro il Covid, è legittima la sospensione dall’attività (e dalla retribuzione) dei lavoratori no-vax. Se il medico competente avvisa il datore di lavoro che la dipendente «non può essere in contatto con i residenti del villaggio» (non meglio specificato, ndr), per il rifiuto di sottoporsi al vaccino, la sospensione, nella verificata assenza di altre mansioni disponibili, è una misura necessaria.

Il Tribunale di Roma (ordinanza del 28 luglio) ha affermato che, in questo caso, la sospensione non è una misura disciplinare disposta a fronte del rifiuto della lavoratrice alla vaccinazione. Si tratta, invece, di un provvedimento cui il datore è tenuto a salvaguardia della salute della stessa dipendente e degli ospiti del villaggio, secondo quanto previsto dall’articolo 2087 del Codice civile.

Il giudice rimarca che sul lavoratore, in base all’articolo 20 del Dlgs 81/2008, incombe l’obbligo di salvaguardare la propria salute e quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, cooperando con il datore per l’adempimento delle misure dirette a garantire la protezione collettiva e individuale.

In questo perimetro normativo va inquadrato il giudizio di parziale inidoneità reso dal medico competente per il rifiuto della lavoratrice al vaccino contro il virus. Il giudice rimarca che la protezione della salute degli utenti rientra nell’oggetto della prestazione esigibile, la quale non può essere resa se il dipendente, a causa del rifiuto di sottoporsi al vaccino, è ritenuto non idoneo al contatto con i residenti del villaggio. In tal caso, è pienamente legittima la sospensione (senza retribuzione) del dipendente.

La decisione si fa apprezzare perché conferma la legittimità della sospensione senza retribuzione dei lavoratori no-vax, anche se sono impiegati in attività per le quali non sussiste l’obbligo della vaccinazione.

Si può discutere, semmai, sul fatto che nelle attività per le quali il vaccino è prescritto ex lege il rifiuto del lavoratore possa avere un disvalore sul piano disciplinare. Non è certamente così per i settori dove non esiste l’obbligo alla vaccinazione. Lo segnala il Tribunale di Roma, per il quale è escluso che la sospensione dalla prestazione sia equiparabile a una misura disciplinare.

Rimane il dubbio su come sia possibile che il datore di lavoro sia informato dal medico competente che il dipendente non può operare a diretto contatto con le altre persone senza essere, al contempo, informato sul fatto che questo giudizio è frutto della decisione di non vaccinarsi.

Il Garante per la protezione dei dati personali si era espresso proprio in questo senso, confermando che al datore di lavoro è fatto divieto di conoscere lo stato vaccinale dei dipendenti. L’ordinanza conferma che, sul piano puramente pratico, il giudizio di parziale inidoneità del medico competente non può non associarsi al rifiuto del vaccino da parte del lavoratore.

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